Rocco Rottura nasce ad Acquaro (VV) il 9 Agosto 1948. Conseguito il diploma di geometra entra subito nel mondo della scuola. Insegna infatti, per circa un decennio a Coggiola, in provincia di Biella, Educazione Tecnica. Dal 1984, rientrato nel paese natio, prosegue l'esperienza scolastica presso l'Istituto Comprensivo "G. D'Antona" di Acquaro. Si apre una parentesi politico-amministrativa, che lo vede Sindaco dal 1985 al 1990. Nel 2006 partecipa ad un concorso nazionale di poesia ed è stato selezionato fra i migliori autori. Nel 2007 ha diverse proposte di varie Case Editrici per la pubblicazione di alcune sue poesie su antologie italiane. Oggi vive ad Acquaro, con la moglie e le sue due bambine.
Ringraziamenti
Si ringraziano i proff. Giovanni Maria Cataldi per la presentazione dell'autore; Nando Scarmozzino per la prefazione del testo; Giuseppe Ierfone e Francesco Mazzà per l'assistenza letteraria; Mike Arruzza per la composizione della copertina e i disegni del testo; Antonio Calabrese per l'aiuto offertomi nella composizione grafica al computer e tutti gli amici che con insistenza mi hanno incoraggiato alla pubblicazione di questo volume.
Dedica
A mia moglie e alla mia bambina, Maria Caterina, perché viva con loro questo mio sentimento.
Presentazione
L'arte di tramutare in versi quello cha la voce del cuore riesce a volte a non trattenere nel suo profondo; ed allora il canto diventa come la beatitudine dell'approssimarsi della sera che invita al buono, alla ricostruzione, alla gratitudine, per quello che si è avuto o si cerca ancora di avere. Questo è l'excursus rilevante del poeta Rocco Rottura, trascinato da profonde nostalgie di sentimenti cari ad un innamorato di tutto ciò che oggi la società potrebbe anche far rifiutare verso forme di vita sorpassate, non conformi alle abitudini dell'oggi. Ma si sa, la nostalgia di queste persone è quella dei poeti più apprezzati dalla letteratura e rincorsa da quei temperamenti che poi trasformano l'uomo nella sua vera essenza del proprio "io". In "Ascolta! Si fa sera" una delle tante perle incastonate nell'apprezzata produzione del Rottura, si attualizza quella forma di innamoramento che sprofonda nel mistero dell'uomo attratto dal richiamo dell'Amore, ove il tutto si placa nel desiderio di abbracciare l'Infinito da cui proviene ogni ricomposizione della vera essenza dell'animo umano. Un poeta che vive l'approssimarsi della sera cercando la ragione della sua esistenza e vorrebbe che l'attesa non finisse mai, perché c'è sempre un giorno che torna e che, purtroppo, "pian piano se ne va".
Giovanni Maria Cataldi
Prefazione
"Foglie al vento" è il titolo che Rocco Rottura ha inteso dare alla sua prima raccolta di poesie. Non a caso, crediamo. Nel simbolismo dell'Autore esse vogliono rappresentare un messaggio all'uomo contemporaneo. Di dolore e di pena, viatico necessario prima di giungere ad una meta, l'unica che il Rottura conosce: la speranza che diviene, ad un certo punto, preghiera. Preghiera in una rinascita del'uomo. Rottura, come traspare, rincorre continuamente siffatto desiderio che alimenta la sua poesia. Le "Foglie al vento", momenti vissuti, si trasfondono pertanto in versi. Sono l'alternarsi dei suoi sentimenti. Divengono perciò ricordi, pensieri, - tortuosi sentieri -, silenzi, speranze inventate, paure, solitudine, amore-speranza, desiderio, fantasmi... Che sono in ognuno di noi. "Sussurrano le foglie al vento / come voci di pianto / che spezzano il cuore. Sogni irreali (...). Pensieri confusi accompagnano / il lento passar delle ore / che cullano il sogno di ognuno" (Foglie al vento). A volte, prevale l'angoscia: "E' sera / e come ogni sera / mi scende / la notte nel cuore" (E' sera). Subito riappare però "quella" speranza: "Muta cammina / ma verso l'aurora / l'antica speranza" (Crepuscolo). Con dignità, dunque, Rottura canta la propria pena e la porta attraverso "ombre", "ali di vento", nell'ansia "dell'amara attesa del pianto", verso "un raggio di sole" in cui tutto "ricomincia di nuovo". Con la speranza di sempre. Una raccolta, questa del Rottura, che vale senz'altro la pena di leggere.
Rocco Rottura nasce ad Acquaro (VV) il 9 Agosto 1948. Conseguito il diploma di geometra entra subito nel mondo della scuola. Insegna infatti, per circa un decennio a Coggiola, in provincia di Biella, Educazione Tecnica. Dal 1984, rientrato nel paese natio, prosegue l'esperienza scolastica presso l'Istituto Comprensivo "G. D'Antona" di Acquaro. Si apre una parentesi politico-amministrativa, che lo vede Sindaco dal 1985 al 1990. Nel 2006 partecipa ad un concorso nazionale di poesia ed è stato selezionato fra i migliori autori. Nel 2007 ha diverse proposte di varie Case Editrici per la pubblicazione di alcune sue poesie su antologie italiane. Oggi vive ad Acquaro, con la moglie e le sue due bambine.
Dedica
A mia moglie, che non ho mai smesso di pensare. Con te, nella rugiada del mattino, il cuore scopre il dolce sorriso della vita. Alle mie bellissime figlie Maria Caterina e Maria Josè. Il vostro sorriso ondeggia nel cielo, deciso ad andare verso il sole, la cui luce, brillando nei vostri occhi, rende ancora più bello il vostro viso di luna. Una goccia del vostro profumo basta a riempire la mia esistenza e un poco del vostro amore basta a colmare la mia vita. Ai miei Genitori e a mia Sorella. Infinitamente e profondamente con il cuore e con l'anima e per sempre.
Prefazione
Il mio primo pensiero, davanti al titolo delle nuove poesie di Rocco Rottura (Il canto dell'anima), è andato a quell'ammonimento di Eraclito, anch'egli figlio del Mediterraneo: non puoi raggiungere i confini dell'anima, tanto essa è profonda e immensa. ciò significa che ogni anima può cantare di se stessa solo quando la vita vissuta, con i suoi misteriosi sentieri individuali, le ha permesso di sviluppare tra le sue ricche potenzialità. Ora, che cosa canta l'anima di Rocco Rottura? Direi che canta quanto un uomo saggio e lucido della sua età, e della sua esperienza, può cantare. Narra quindi la sapienza che si acquista con gli anni, e in questo suo canto della vita dona una voce alla folla anonima che, leggendolo, se ne appropria. La sua poesia risulta avvincente nella misura in cui il lettore è maturo per ritrovarsi in essa come si ritrova sullo specchio della propria immagine, per vibrare con essa, per esclamare: "Ecco ciò che io avrei voluto dire, se ne fossi stato capace". Il pregio maggiore della sua poesia è aver colto, e rivelato su corde dolci e vibranti, la vita dell'uomo contemporaneo, nel momento in cui prende coscienza del grande solco che il tempo viene scavando nello spirito tra le fuggevoli schegge di beni carpiti al volo per un momento e il suo anelare inquieto verso vette sempre più pure e assolute. In particolare, egli si mette in ascolto delle bellezze profuse sulle sue terre (il giocare delle foglie del vento e del mare, lo scorrere delle acque del fiume, l'annosa durezza del suolo e dei secolari alberi che lo abitano, le albe e i tramonti del sole, i messaggi di stanchezza delle messi dorate), scava entro il mondo umano per coglierne gli affetti, i sogni, il sudore versato, i tratti del viso, l'innocenza, la voglia di silenzio, l'inquietudine del mistero. Mentre cerca, però, si interroga sul loro senso. E la coscienza del loro inesorabile scorrere e svanire nel tempo lo lascia disincantato e in solitudine stupefatta, con una montante nostalgia vicina al pianto, perché senza sbocchi apparenti. Da qui il suo rifugiarsi nel silenzio, nel mistero e nella notte; il suo rivivere le nuove albe naturali (risveglio del mattino) e umane (gaia innocenza della bimba), perfino gli amori vissuti (donna del suo cuore) come pallide luci tremolanti, promesse di un'ora che non raggiungono il bersaglio e tornano solo come ombre struggenti di sogno. Sembra di avvertire l'eco del biblico Qoèlet: "Vanità delle vanità... tutto è vanità". Eppure, a legger bene, questo canto della saggezza umana, questa vivida consapevolezza di un viaggio d'esistenza quasi al tramonto, questo avviarsi rassegnato e dolente lungo il viale del mistero senza ritorno, potrebbe sbocciare a sorpresa verso nuovi cieli e nuove terre. Come il grano ormai maturo, che ripiantato in terra conosce nuove primavere, la poesia di Rocco Rottura contiene inesplosa (lo si nota da qualche bisbiglio di preghiera, da qualche nostalgia di eterno entro il mistero) la promessa di nuovi canti. E questa volta, l'unico canto nuovo possibile è il canto del soprannaturale, dell'anima che si affaccia sulle fresche radure della grazia e del ridiventare bambini, nello spirito, della risurrezione della carne e della comunione dei santi, della vittoria sulla morte e sul tempo, del confluire delle bellezze terrene nelle bellezze oltremondane. Se ciò dovesse accadere, allora avremmo presto un terzo volume (di cui Foglie al vento e Il canto dell'anima sono gravidi senza saperlo), dove l'anima di Rocco Rottura si librerebbe su ali di aquila, e nulla andrebbe perduto di quanto è già stato, perché tutta l'esistenza precedente verrebbe colta e trasfigurata, quasi preparazione necessaria, simbolo, icona, riverbero di una bellezza assoluta, questa sì capace di saziare il cuore umano. Glielo auguriamo con tutto il cuore d'amico.
Umberto Muratore
Articolo
Il canto dell'anima, nuovo libro di Rocco Rottura In uscita la raccolta di poesie dello studioso di Acquaro edita dalla Sudgrafica
Dopo "Foglie al vento", del 2001, Rocco Rottura offre al pubblico una nuova raccolta in versi dal titolo "Il canto dell'anima", edito dalla Sudgrafica di Davoli Marina, con la prefazione di Don Umberto Muratore, direttore del Centro studi rosminiani di Stresa (VB). L'autore, nato ad Acquaro, di cui è stato sindaco e dove vive con la moglie e due figlie, con questa nuova opera intraprende un viaggio nelle sinuosità dell'anima, cantando di essa ciò che un uomo maturo della sua età riesce ad intonare, perché "l'anima - come dice don Umberto nel suo proemio citando Eraclito - è immensa, e di lei si può cantare solo ciò di cui la vita di ognuno l'ha riempita". Rottura, nelle sue poesie, cerca d'inseguire e carpire le componenti più importanti e profonde del mondo terreno, prestando attenzione alla voce delle bellezze della sua terra. Ma, durante il suo viaggio nella notte e nel mistero del mondo, interrogandosi sul loro senso e prendendo coscienza del loro dissolversi inesorabile nel temo, rimane in una sorta di disorientata solitudine realista, perché i suoi quesiti, apparentemente, non trovano risposta. La sua è quindi un'esplorazione nell'intimo dell'uomo contemporaneo maturo, dimenantesi tra la sfuggevolezza del passeggero e la consapevolezza del protendere verso culmini più assoluti. In ogni poesia di Rocco Rottura si svelano, dunque, la tristezza e la nostalgia, inseparabili compagne dell'uomo, mitigate dall'appiglio alle speranze della vita, soprattutto agli affetti più cari che, oasi nel deserto di ogni esistenza, strappano l'uomo alla morte. In tale prospettiva, il suo canto di tristezza, in un'interminabile notte che cinge nel suo grembo la mestizia del giorno passato, rappresenta sempre l'eco del desiderio di un nuovo giorno che si affaccia sul sentiero della vita, spazzando via l'ombra del buio con una nuova alba di fiducia. Un'infelicità, dunque, che pare pronta a rivedersi quando, dal buio della notte, viene partorito un giorno sempre fresco, pronto a sussurrare alle tenebre il risveglio della terra. "Ed allora l'uomo, librandosi su ali d'aquila, s'indirizzerà verso nuovi cieli e nuove terre, con l'anima pronta a nuovi canti". Un augurio che don Umberto Muratore rivolge all'autore, prospettando la prossima pubblicazione di un terzo volume come necessaria evoluzione dei due precedenti.
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Gabriele Cosentini Francesco Lochiatto Massimiliano Lopresti Domenico Scarmozzino
Introduzione
"Cunti e Penzìari" è una raccolta di poesie scritte nel nostro dialetto. Tra le sue pagine troviamo Acquaro, visto e vissuto da quattro amici del '71 che qui sono nati ed hanno alimentato le loro radici. È l'Acquaro di tutti.
Prefazione
La cultura, l'orgoglio e la tradizione di un popolo sono racchiusi nel dialetto legato al suo sviluppo storico. Il dialetto, un linguaggio del passato e della memoria che contribuisce a dare agli scritti un carattere distintivo, è una forma creativa più aderente al nostro modo di sentire e cogliere le cose grazie alla sua immediatezza e all'uso di termini più appropiati a ciò che debbono esprimere. La sonorità e la forza espressiva dell'acquarùatu, dunque, permeano le pagine di questo libro. Tra racconti e riflessioni con ironia e nostalgia, rabbia e amarezza, disillusione, amori e speranze, Cunti e Penzìari è la sintesi della nostra profonda amicizia e di un forte attaccamento alle radici, ad Acquaro, un paese in provincia di Vibo Valentia che sta subendo un lento e progressivo processo di spopolamento. Questa raccolta di poesie, come tassello di memoria di questi luoghi e di questa gente, è un omaggio verso la terra che ci ha visto nascere e crescere e poi andare via. Un pensiero speciale è rivolto a tutti gli acquaresi che, ovunque nel mondo, con grande dignità e spirito di sacrificio hanno dato lustro a questo piccolo angolo di Calabria.