Anna Maria Chiapparo è nata a Vibo Valentia in Calabria e vive a Siracusa. Profondamente legata alla terra natia, grazie ad una pagina FB e ad un blog, cerca di tramandare il proprio dialetto e le tradizioni del passato che vanno scomparendo. Si diletta a scrivere poesie e racconti e si occupa anche di riciclo creativo.
Trama
Due ragazzi, Maria e Rocco, con la loro semplicità, ci conducono in punta di piedi, in un viaggio attraverso le tradizioni e le usanze della Calabria del ‘900. Un linguaggio semplice, spesso dialettale, racconta le vicissitudini di una famiglia come tante, "una storia qualunque", che nella tranquilla ed anonima vita paesana, si troverà travolta dalla Prima guerra mondiale. Un viaggio a ritroso nel tempo, fatto di ricordi, crea man mano, un piccolo quadro di vita contadina in un piccolo paesino dell'entroterra calabrese… Un matrimonio combinato come si usava all’epoca, il fidanzamento, il parto in casa ecc. contornati dai vari lavori quotidiani, molto lontani dai nostri giorni, come lavare al fiume, fare il pane in casa, e poi le feste, con le tradizioni legate al culto, e le devozioni ai santi, in un pout pourri di vita corale tipica del meridione, porteranno il lettore in un passato pur non tanto lontano, a curiosare nel quotidiano dei propri nonni, a cercare nostalgicamente un mondo sicuramente più duro e difficile, ma unico e genuino.
Introduzione
Questo libro è un viaggio a ritroso nel tempo, tra i ricordi che mi raccontava mia nonna. Ricordi di una vita semplice e dura, fatta di mancanze materiali ed affettive dove si viveva alla giornata, senza tante speranze, né sogni. Vita di sacrifici e duro lavoro per poter avere un tozzo di pane, in un tempo di rassegnazione, intrisa di superstizioni e fede nei santi protettori. Un viaggio tra tradizioni e usi che vanno man mano scomparendo, ma che per fortuna, resistono ancora in molti piccoli centri del nostro Sud. In queste pagine ho voluto raccogliere un po’ di usi e costumi del mio paese natio, Acquaro, in provincia di Vibo Valentia, in Calabria e li “ho appuntati” per non dimenticare. Ho volutamente usato discorsi diretti, in dialetto locale perché penso che il dialetto non debba assolutamente morire, anzi, andrebbe insegnato alle nuove generazioni.
Ringraziamenti
I miei ringraziamenti vanno a tutte quelle persone che hanno letto questa storia e l’hanno apprezzata e compresa nella sua interezza e semplicità, senza critiche, invogliandomi a continuare a raccontare. Grazie a loro, questo racconto è oggi un piccolo libro. Grazie alla mia famiglia e in particolar modo, alle mie figlie che da sempre credono in me e mi spronano a scrivere. Grazie quindi, a Veronica e Letizia per il supporto grafico e fotografico, nonché di editor in generale. Grazie a chiunque si ritroverà in queste pagine, ma soprattutto grazie a mia nonna, che nei tempi trascorsi insieme, mi ha raccontato piccoli pezzi della sua vita.
Dedica
Dedicato a tutte le donne di Calabria e del sud.
Quelle donne cresciute e vissute in silenzio, senza fronzoli e senza pretese. Donne dai sogni velati di nero, con i calli alle mani e le ali ai piedi... Donne di beltà regale che, chiuse nella loro atavica fierezza, hanno dato la vita senza risparmiarsi mai.
Dedicato a quelle donne che non hanno mai avuto voce, ma tanti tumulti nel cuore. Dedicato alle donne raggelate dal dolore che nega anche il pianto e le invecchia precocemente, non soli di canizie... Semplicemente, alle Donne! Donne del Sud.
Caratteristiche
Formato: 14,81x20,98 cm Pagine: 132 Copertina: morbida con rilegatura termica Prezzo: 8,99 € Anno: 2018 ISBN: 9780244742058
Informazioni per l'acquisto
Il libro può essere acquistato sul sito lulu.com o su amazon.
Nato a Dasà (VV), residente ad Acquaro dal 1969, laureato in Lettere Classiche presso l'Università degli Studi di Messina. Ha prestato per quattro anni servizio come Istitutore presso i Convitti Nazionali di Vibo Valentia e di Reggio Calabria. Negli anni '60 è stato corrispondente del quotidiano “ROMA”, edito a Napoli. Dall'anno scolastico 1965/66 ha insegnato ininterrottamente Materie Letterarie presso la Scuola Media Statale “G. D'Antona” di Acquaro e nel 1997 ha ricoperto per tre anni l'incarico di Dirigente scolastico presso la Scuola Media Statale “I. Larussa” di Serra San Bruno. Da oltre 19 anni svolge attività teatrali insieme ad un gruppo di giovani acquaresi, con cui ha formato la Compagnia Teatrale “Amici del Teatro”. È autore, insieme al fotografo Rocco Citino del volume “Acquaro - Memoria storica attraverso l'Immagine”, pubblicato nel 2008 dalle Officine Grafiche Plurigraf di Serra San Bruno (VV) - pagg. 448. Tale pubblicazione riveste particolare importanza perché trasmette e affida alle future generazioni, anche attraverso 400 immagini inedite, un patrimonio storico, culturale, artistico e sociale degli avi. Nel 2010 pubblica il libro “San Rocco, Patrono di Acquaro - Culto e tradizioni”, una monografia in cui vengono esposte, in modo completo e approfondito, la storia, il culto e l'espandersi della devozione del Santo più amato e venerato nel paese di Acquaro. È autore anche di testi teatrali, di due operette “L'isola del Re Piumato - La piccola Fiammiferaia”, rappresentate nel salone teatro della Scuola Media di Acquaro e di Serra San Bruno. È incorso di preparazione un libro “Miscellanea d'Autore”.
Dedica
Ai nostri avi eterna gratitudine per i nobili e sacri ideali che ci hanno trasmesso: solidarietà, laboriosità, amore e rispetto verso il prossimo, attaccamento alla famiglia e alle tradizioni. La maggiore agiatezza delle nostre famiglie e dei nostri figli proviene dai loro sacrifici, privazioni ed estenuanti fatiche.
Ringraziamenti
Si ringraziano tutti i miei ex alunni, in particolare coloro che frequentarono la Scuola Media Statale “G. D’Antona” negli anni ‘70 e ‘80. Si ringrazia la moglie e i figli del prof. Mike Arruzza, stimato ed affermato pittore dasaese, per la totale disponibilità dimostrata ad inserire nel presente lavoro alcune opere pittoriche. Un grazie al prof. Cesare Crupi per i suoi consigli. Si ringraziano inoltre l’insegnante Nicola Lopresti, il Sig. Peppino Luzzi, abilissimo maestro del legno e di pregiati lavori in miniatura; il Dott. Antonio Corrado, la dott/ssa avv. Cosmina Silipo, il Sig. Citino Rocco fotografo; l’amico Peppe Giogà, i sigg. Lino Rottura, Luzza Umberto, Rottura Francesco, Rottura Andrea fu Bruno e tutti coloro (gente di varia estrazione sociale di Acquaro, Limpidi, Piani e Dasà) che hanno dimostrato attenzione e disponibilità durante interviste e ricerche.
Prefazione
La prefazione a qualsiasi pubblicazione è necessaria per evidenziare le caratteristiche del lavoro e i motivi che hanno indotto l’autore a sottoporre i contenuti alla lettura, all’apprendimento e al giudizio dei lettori. Diversi anni fa pensai di raggruppare in modo sistematico il complesso di informazioni sulla parlata calabro - acquarese. Mi sembrò un’iniziativa difficile da intraprendere e portare a compimento. Ritenni opportuno reperire, preferibilmente di prima mano, il vasto materiale etnografico, antropologico-culturale tramite la partecipazione e la collaborazione attiva ed entusiasmante dei miei alunni di Scuola Media, che per lungo tempo attinsero ogni tipo di notizia e di documentazione nelle loro case, in piazza, nelle vie del proprio paese, in campagna, intervistando i loro bisnonni, nonni, genitori, parenti, amici e gente appartenente a diversi ceti sociali e settori produttivi, depositari della saggezza e della memoria storica degli avi. Tale procedimento è stato condotto con serietà di intenti e sistematicità, salvo involontarie omissioni. Valido, interessante e articolato è stato inoltre il contributo spontaneo e partecipe della gente locale, di Enti e di Associazioni culturali, ricreative e religiose. Quante volte, da quando i mass-media hanno preso il sopravvento sul “focolare domestico”, ci è capitato di udire le seguenti espressioni: “Parla bene! Parla in Italiano!”, cioè genitori che riprendevano i propri figli quando si esprimevano in dialetto, perchè l’uso del vernacolo era un tempo indice di rozzezza, in quanto riservato ad umili e analfabete classi sociali, come quelle agricolo-pastorali. Molteplici furono le cause che portarono ad un lento, ma graduale venir meno all’uso del dialetto. Dal dopoguerra anche “a parrata acquarisi o acquarota” subì, come certamente tutti gli altri dialetti, variazioni, sostituzioni, obliterazioni a causa della diffusione accentuata e accelerata della cultura massmediale, di un mutato tenore di vita, grazie alle rimesse in denaro alle famiglie di emigrati, dell’alfabetizzazione, della diffusione di nuovi strumenti di lavoro e di uso quotidiano, più comodi, maneggevoli ed efficaci, con conseguente abbandono di una terminologia atavica, di parole ed espressioni introdotte da gente proveniente da aree geografiche diverse, in seguito a matrimoni, scambi commerciali, nuove parentele. Molti termini arcaici, che un tempo erano vivi anche nella parlata comune, gradualmente scomparvero o rimasero nell’uso quotidiano dei più anziani. Da parecchi anni, forse in tutte le Regioni d’Italia, si avverte un tale fermento culturale nel valutare l’importanza del dialetto, da proporne l’insegnamento obbligatorio nelle scuole primarie e secondarie di primo grado. Molti studiosi si sono dedicati e si dedicano a un intenso e minuzioso lavoro di recupero del dialetto per affidare alla memoria storica il vissuto degli avi. Questo mio lavoro rimase nel chiuso di un cassetto molti anni per dare spazio ad altri interessi culturali (la pubblicazione di un libro di memoria storico - fotografica sul paese di Acquaro. Una monografia sul culto in Acquaro del patrono San Rocco, la preparazione inedita di un libro di poesie e racconti, hobby per la pittura, fondazione di una compagnia teatrale e la stesura di testi teatrali). Ricordo che nelle scuole dell’obbligo ci si sforzava a indurre gli alunni a tralasciare il dialetto e a insegnare loro a parlare e scrivere solo in lingua italiana. La maggior parte di coloro che frequentavano la scuola pubblica apparteneva a famiglie di operai e contadini di disagiate condizioni economiche e scarsamente acculturate. Gli allievi, nei rapporti con i compagni, preferivano esprimersi nel loro dialetto, rendendo difficoltosi gli approcci con gli insegnanti provenienti da altri ambienti urbani. Ho cercato di organizzare tutto il lavoro procedendo per tematiche specifiche, cioè motivi conduttori di un determinato argomento (es: il paese, la casa, il lavoro……). Viene spontaneo domandarsi: “Ma...cos’è il dialetto?” Etimologicamente il termine significa “colloquio, lingua” e deriva dal latino “dialectos”, greco “διάλεκτος”.1 Esso è un particolare linguaggio in uso in una regione, città, paese o borgo. È talmente articolato da differenziarsi anche tra comunità che abitano a qualche chilometro di distanza. “L’acquarese” è un idioma con specifiche caratteristiche locali, parlato in un’area geografica molto ristretta ed è una delle tante sottovarianti del dialetto calabrese. Parafrasando il detto “paese che vai, usanza che trovi”, potremmo dire “pajìsi chi vai, parrata chi truavi”. Quando ci riferiamo a piccole e specifiche aree geografiche sarebbe più appropriato usare il termine “vernacolo”, cioè il linguaggio caratteristico di una parlata popolare, trasmessa per tradizione orale. É noto che sui dialetti calabresi influì prevalentemente la lingua greca e latina; i monaci basiliani furono in Calabria veicolo di diffusione della lingua greca (al tempo dell’Unità d’Italia in Calabria oltre 15.000 abitanti usavano ancora la lingua greca), i Cistercensi dell’ordine benedettino, di quella latina. Acquaro, Arena, Dasà, Dinami, Soreto, Soriano e altri paesi dell’entroterra vibonese, videro sorgere sui loro territori, per opera degli Agostiniani, numerosi conventi che esercitarono una forte influenza culturale, per non parlare di quella araba, spagnola e franco-angioina. Popolazioni residenti nella valle del Mesima nel 1300 parlavano il dialetto dorico, che più tardi venne sostituito dal dialetto ionico-attico, il cosiddetto “κοινή-διάλεκτος”(1) (dialetto comune). Nel corso del nostro discorso dialettale è possibile riconoscere che la lingua greca, con la sua persistente terminologia, ma soprattutto quella latina costituirono la base della parlata acquarese. La poetessa siciliana, Rita Elia(2), originaria di Termine Imerese (PA) descrive così la varietà del dialetto: “ʹU dialettu, sistematu dagli Arabi, cusutu qu’a succuràha di Greci, qu’a gugghja di custurieri francesi, qu’a gugghja grossa di Spagnuali, è ʹna tuvagghja cusuta cu scampuli di tanti culuri e puru i tedeschi ndi dassaru mujìchi dâ loro passata”. (Es: dall’arabo: cafisu – cafiz; gibbia – gabija; calia – haliah; tumanu – tumn; zzuccu – suq; dal greco: naca – fanò – catuaju; dal francese: boffetta – buffet, custurieri – couturier, picuni – picot, cotulijare – chatauiller; dallo spagnolo: maccaturi – macador, spagnare – espanyar, talijare – atalajar; dal tedesco: ganga, tampu, nixi – nichts, sparagnare – sparen). È da aggiungere che voci della lingua latina sono sopravvissute soprattutto nel lessico agricolo e pastorale del nostro paese. La parlata dialettale serve a identificare l’appartenenza a una determinata Regione, contrada o località e di ciascuna di esse fanno parte usi, costumi, tradizioni….praticamente tutto il vissuto della popolazione di appartenenza. Ogni “parrata” spesso si distingue per la parte finale delle parole (in a, e, u), per il suono (fonema) e per l’accentazione. Es: Dasà (i peda) — Acquaro (i pede). Un discorso, anzi un’attenzione e una citazione a parte merita la parlata degli abitanti di Limpidi, frazione di Acquaro, da cui dista circa 3 chilometri. Poiché non esistono documenti o testimonianze attendibili sull’origine della parlata limpidese, dalle ricerche effettuate, con la dovuta cautela che il caso comporta, si potrebbe azzardare l’idea che l’origine di tale dialetto, che esula nell’accentazione da tutti i dialetti dei paesi circostanti, risalga al tempo dell’invasione dei Saraceni, intorno all’anno Mille. Un gruppo di popolazione greca, che si era stabilito e integrato con popolazioni provenienti da Costantinopoli, si spinse in Calabria. Un tipo di parlata ritmata si fa risalire agli Ittiti che nell’Anatolia vennero a contatto con antichi abitanti come i Pala e gli Atti. La dottoressa Rita Francia, ricercatrice presso l’Università La Sapienza di Roma, nello studio poetico delle “Historié ittite” ci parla delle particolarità linguistiche nel linguaggio dei rituali ittiti, un linguaggio cantilenato, con spiccate connotazioni ritmiche. È probabile (siamo sempre nel campo delle ipotesi) che un piccolo gruppo delle suddette popolazioni greche si sia spinto in questa parte interna del territorio delle Preserre, costituendo il primo gruppo della popolazione limpidese. Il linguaggio dell’attuale comunità limpidese, cioè il modo di esprimersi, è regolato da una particolare intonazione e accentazione. Nella formulazione della frase l’allungamento tonale avviene sulla radice di una parola nella penultima o terzultima sillaba, che, colpita dall’accento, assume un’intonazione allungata ed è pronunciata con maggiore intensità: negli esempi sottoelencati i puntini sospensivi stanno ad indicare l’intonazione allungata di --ji, --jà, -- nì. Es.: “A chi ura vi ricogghjì………stuvu?” (A che ora avete rincasato?) “Duva jà………ti?” (Dove andate?) “Veni………stuvu?” (Siete venuto?) Attualmente la parlata limpidese, a causa di questa caratteristica fonetica, dovremo definirla “autoctona”. I nostri avi hanno trasmesso di generazione in generazione le loro esperienze, i propri sentimenti, il modo di condurre la propria esistenza, un mondo culturale umano, sociale, economico vastissimo, nonostante l’altissima percentuale di analfabeti, tutto ciò oralmente, per cui moltissimo materiale culturale è andato perduto. Gli anziani, a cui va la nostra eterna riconoscenza, sono stati attraverso i secoli i depositari della saggezza e della memoria storica. Le loro cattedre di insegnamento erano il focolare domestico, la soglia della propria casa (‘u passìattu), o quella del vicino, il quartiere (‘a ruga), la piazza, le vie, l’aia delle campagne durante le soste nei campi per consumare un parco cibo (‘u morzieju). Riguardo alle testimonianze scritte il materiale da consultare nell’archivio comunale e parrocchiale si è rivelato molto limitato; perfino oggetti, manufatti antichi, alcuni ancora in uso, sono irreperibili, per cui non è stato possibile spingerci nella ricerca in tempi molto remoti. È penoso riferire che nel paese di Acquaro, per incuria, non si è cercato di preservare, per consegnarli alla contemporaneità, quei pochi resti e materiali, testimoni storici del tempo passato. Questo libro, realizzato attraverso un profondo, oculato e intenso lavoro di ricerca e di analisi, ha il compito di riscoprire attraverso il linguaggio la vita di un tempo ad Acquaro e, considerata anche nei suoi aspetti più semplici, la quotidianità della popolazione acquarese. Vuole essere un contributo per la conservazione di un mondo culturale da preservare. Trascurare il proprio dialetto è come negare coloro che ci hanno preceduto. Lo scrittore Corrado Alvaro in un suo scritto sulla Rivista “Il Ponte” - 1950, affermava che “di una civiltà che rischia di scomparire, bisogna trarre il maggior numero di memorie”. Secondo le statistiche, che vengono emanate dall’UNESCO, ogni anno scompaiono diverse centinaia di idiomi. Spero che la presente pubblicazione possa contribuire a conservare il dialetto nella sua autenticità dei termini, poiché non vuol essere una semplice raccolta di parole, di fatti, di curiosità del nostro passato, ma un vasto insieme di conoscenze, conformi alla realtà quotidiana dei nostri avi (usi, costumi, detti, tradizioni, lavoro, giochi, filastrocche, feste, ricorrenze nomi, soprannomi, località, pastorizia, agricoltura, artigianato arti, mestieri, professioni, credenze, leggende, superstizioni……). Sui dialetti esistono centinaia di pubblicazioni, basti pensare al “Nuovo Dizionario Dialettale della Calabria” di Gerhard Rohlfs, grande filologo, linguista, glottologo tedesco, il quale visitò per lungo tempo, in lungo e in largo, ampie e piccole contrade, città, paesi della nostra terra, la Calabria, dove trovò una varietà di dialetti da fargli esclamare: “In Calabria non vi è e non vi è mai stata un’unità linguistica”. Il Rohlfs, che venne anche ad Acquaro e intervistò il nostro compianto ex sindaco, prof. Giuseppe Ierfone, e a Dasà il pittore Vincenzo Corrado, non poteva tuttavia penetrare in modo particolareggiato in tutti i lessici municipali, ciò che singolarmente fecero gli studiosi locali, i quali poterono concentrarsi sulla parlata di singole comunità ed attingere a preziose informazioni di prima mano, poiché, vivendo negli stessi luoghi, avevano la possibilità di conoscere in modo approfondito la vita della popolazione. Omettere la memoria del proprio passato significa perdere anche la propria identità. È doveroso e giusto che quanto salvaguardato venga posto all’attenzione e a disposizione di tutti, soprattutto di coloro che hanno a cuore la cultura passata, il ricordo dei propri antenati e la riconoscenza per ciò che hanno operato. Non si ha tuttavia la pretesa di ritenere che questa pubblicazione sia completa ed esauriente, piuttosto un’occasione per riflettere su aspetti culturali dei nostri avi, che rischiano di essere dimenticati. Per meglio comprendere “la parlata” si è provveduto a proporre brevi ed essenziali elementi grammaticali per la lettura e la pronuncia. I lemmi e le espressioni sono inseriti opportunamente nella presentazione di ogni tematica o collocati singolarmente, in ogni caso corredati della relativa esplicazione. Alcuni di essi, che troviamo nel nostro dialetto, sono spesso frutto della fantasia dei nostri avi, per cui non hanno un corrispettivo in italiano e quindi un significato vero e proprio. Non è stata inserita una bibliografia in quanto il materiale informativo deriva da ricerche di prima mano, da interviste e dalla collaborazione della gente del luogo. Parte integrante del libro sono anche le illustrazioni. Si fa presente che, durante la lettura, colui che volesse fare un’indagine lessicografica troverà a volte ricorrenti lemmi, concetti, espressioni, modi di dire; ciò non perché l’autore si è distratto, ma perché spesso riferiti all’argomento specifico trattato.
NB: Nella trattazione di alcune tematiche l’elenco di lemmi non è sempre riportato nell’ordine alfabetico. ________________________________________ (1) Svetonio, Vita dei Cesari, Tiberio, libro 3°, 56 (2) Autrice di tre raccolte di poesie.
Indice
PREFAZIONE
11
NOZIONI GRAMMATICALI PER LA LETTURA DEL DIALETTO
18
CAPITOLO I
47
Cenni storici su Acquaro - Toponimi delle località rurali - Luoghi più comuni e più frequentati - “'A Battaglia” - Angolo della poesia - “U pinu i Malamotta”.
CAPITOLO II
69
La vita in Acquaro attraverso tematiche: “'A casa” - Detti proverbiali - Imprecazioni - Comportamenti serali - “Cunti î sira 'nta ruga” - “I lavuri 'nta casa” - Angolo della poesia - “'A famigghja e 'u lavuru” - “Pater noster” dell’arciprete Martino - “’U tiempu e 'u lavuru” - Detti - L’alluvione del '59 - I catamisi - Giorni, mesi e stagioni - I colori
CAPITOLO III
195
Religiosità i juorni î festa ’mportanti 'nta l’annu - Filastrocche
CAPITOLO IV
233
‘U lavuru - Flora e fauna
CAPITOLO V
321
Mestieri e professioni
CAPITOLO VI
365
Famigghja e parentatu - Cognomi famiglie - Angolo della poesia
CAPITOLO VII
383
Modi di dire: Dicía anticu
CAPITOLO VIII
395
'A parentera - Minacce - Individuazione di una persona
CAPITOLO IX
405
Espressioni religiose - Esprimere un giuramento - Superstizioni e credenze - Usanze
I juachi (i giochi) - Vie di comunicazione - Trasporti
CAPITOLO XVIII
731
La filastrocca
VOCABOLARIO
745
Caratteristiche
Formato: 16x23 cm Pagine: 1012 Copertina: morbida a colori plastificata lucida Interno: edizione avorio Prezzo: 18,00 € Anno: 2018 ISBN: 978-88-31981-09-5 Editore: Libritalia
Informazioni per l'acquisto
Chiunque fosse interessato all'acquisto del libro può rivolgersi direttamente al prof. Ierardo. Chi si trovasse lontano dal paese può contattarlo tramite posta elettronica all'indirizzo Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Anna Maria Chiapparo è nata a Vibo Valentia in Calabria e vive ormai da vent’anni a Siracusa. Solo da pochi anni ha cominciato a partecipare a qualche concorso riscuotendo discreti riconoscimenti. Nel 2005 e nel 2006 nel concorso letterario ed artistico “Aretusa terzo millennio”, svoltosi a Siracusa, ha ricevuto diploma di merito e medaglia. Una sua poesia è stata selezionata e pubblicata, nel concorso “L’ora della poesia” svoltosi a Ragusa e da allora molte sue liriche continuano ad essere pubblicate in varie antologie della Aletti e selezionata per due anni consecutivi, nel concorso “Il Federiciano”. Le è stato pubblicato anche un racconto breve. Ama scrivere aforismi, ed alcuni sono stati pubblicati nel libro “Tra cuore e mente” venduto per beneficienza dal sito “Pensieri e Parole” dove ha una pagina personale dedicata a tale scrittura. Un’altra sua poesia è presente in un audio libro per non vedenti. Si diletta anche in poesie haiku, ma la sua principale aspirazione è quella di cercare di tramandare le antiche tradizioni e il dialetto del suo paese d’origine: Acquaro. Diplomata in Ragioneria, è sposata e madre a tempo pieno di tre splendidi ragazzi.
Quando sento il bisogno di scrivere, sia un pensiero o dei versi, tralascio tutto e subito prendo nota perché penso che il cuore voglia dirmi qualcosa giusto in quell’attimo e non a caso. Penso che in fondo, scrivere significhi dar voce al proprio cuore che bussa per farsi sentire e tutti dovremmo soffermarci un po’ di più a dialogare con questa presenza meravigliosa. Come per magia affiorano ricordi, volti sbiaditi, paesaggi ormai incolori che prendono forma rigo dopo rigo… La poesia è quindi la voce del cuore che ci culla dolcemente. In questa raccolta c’è un viaggio a ritroso nel tempo che ora mi catapulta nel mio “mondo antico”, ora in sogni svaniti, ora mi accarezza con la dolcezza della natura rigogliosa (spesso traditrice), ora mi parla d’amore… In fondo null’altro che la vita. Nei miei pensieri è sempre molto presente la natura col suo cambio di stagioni con la quale cerco d’essere in costante dialogo per non dimenticare i luoghi natii e cercando di colmare una latente nostalgia di un passato dove tutto sapeva di pulito e che purtroppo non riesco più a ritrovare nel caos frenetico della vita odierna.
Il libro
Anna Maria Chiapparo è stata selezionata nell’edizione 2014-2015 del concorso letterario di poesia in lingua italiana e in dialetto “Libri di-versi in diversi libri” organizzato dalla Libreria editrice Urso di Avola (SR) in memoria di Nuccio Caruso. Il premio è la pubblicazione delle sue poesie in questa esclusiva opera.
L'autore Nando Scarmozzino è nato ad Acquaro (VV), dove vive con moglie e figli. È laureato in Lettere classiche. È stato docente di Italiano, Latino e Greco al "Rosmini" di Domodossola. Nel 1969 ha pubblicato "Poesie". Nel 1976 insieme a Umberto Muratore (acquarese; direttore Centro Internazionale Studi Rosminiani con sede a Stresa) ha scritto il libro Acquaro nella storia e nella tradizione, prima edizione. Una nuova raccolta di poesie (Il cielo, il mare, l’amore), edita nel 1978, è premiata a Pompei nel corso di un concorso letterario. È autore di diversi articoli di critica letteraria apparsi su Rivista Rosminiana del Centro Internazionale di Studi Rosminiani di Stresa. Nel 1991 è uscita la seconda edizione del libro Acquaro nella storia e nella tradizione, premiata dal Sottosegretariato di Stato alla Cultura. Nel 2011 ha pubblicato il volume Soriano dalle rovine alla rinascita. Nel 2013 ha scritto Pana e alìvi (Pane e olive). È giornalista pubblicista dal 1998. Ha collaborato per circa 12 anni con Gazzetta del Sud e attualmente con il Quotidiano della Calabria, Redazione di Vibo Valentia. Si interessa al recupero del patrimonio storico-culturale del suo paese.
Presentazione
Una mistura di aspetti politici e religiosi. Un prezioso lavoro di ricerca come richiamo alle origini. Nel suo nuovo libro "San Rocco di Acquaro patrono voluto dal popolo" Nando Scarmozzino, scrittore e giornalista, raccoglie con puntualità e intelligenza elementi inediti del culto verso San Rocco di Acquaro, eletto patrono in circostante drammatiche, legate al diffondersi della peste nel 1656. L'autore con una serie di riferimenti archivistici riesce a ricostruire per la prima volta la storia della statua di cartapesta venerata dal popolo - che lo aveva eletto patrono successivamente all'episodio della peste - fino al 1986 quando la preziosa statua venne sostituita con l'attuale, lignea, realizzata ad Ortisei. L'autore si sofferma anche sulla vita sociale, politica ed economica del paese, ma soltanto per rientrare subito nell'alveo principale del libro che ha come scopo quello di dimostrare quanto sia tuttora profondo e forte il legame tra il santo protettore e la gente del posto. Per questo ha inserito alcune, mai prima d'ora raccontate e pubblicate, testimonianze di persone di Acquaro che per intercessione di San Rocco hanno ottenuto grazie.
Il Prof. Pasquale Galati (Relatore), nel corso della presentazione dell'Opera avvenuta il 16 agosto 2014 nella chiesa Santa Maria dei Latini di Acquaro, ha, tra l’altro, detto: "Il libro di Nando presenta una scrittura chiara e comprensibile. Si può dividere in tre parti: la prima riguarda l'origine del culto che l'Autore fa risalire, documentandolo, alla peste del 1656 che si diffuse anche da queste parti; la seconda è dedicata alla storia della statua ed alla sua collocazione in questa chiesa; la terza, ed ultima parte, significativa, raccoglie le testimonianze di grazie ricevute per intercessione di San Rocco. In questo libro è disegnato il nostro passato ed il presente, come Acquaresi che dal 1656 si identificano in San Rocco scelto a furor di popolo Patrono del paese. Nando ha scritto questo suo libro con passione ed ha scelto per poter dire esattamente quello che voleva a tutti noi."
Caratteristiche
Formato: 15x21 cm Pagine: 124 Rilegatura: brossurato - fresato Copertina: morbida a colori Costo: 10,00 € Anno: 2014 ISBN: 978-88-98085-58-3
Informazioni per l'acquisto
Il libro può essere acquistato nella parrocchia di Acquaro, alla quale l'autore ha voluto devolvere l'intero ricavato della vendita. Il costo è 10 € per una copia e 15 € per due. Chi volesse può contattare lo scrittore Nando Scarmozzino telefonicamente al numero +39 347 865 3005 o scrivendo all'indirizzo email Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..