Già trafitto in duro legno dall'indegno popol mio
La grand'alma un uomo Dio, va sul Golgota a spirar.
Voi che a lui fedeli siete, non perdete un Dio innocente
Di Gesù gli ultimi accenti deh! Venite ad ascoltar.
Di mille colpe reo lo so, Signore, io sono
Non merito perdono né più potrei sperar.
Ma senti quella voce che per me prega e poi
Lascia Signor se puoi, lascia di perdonar.
Dunque dal Padre ancora abbandonato sei
Ridotto ti ha l'amore a questo buon Gesù.
Ed io coi falli miei per misero gioir,
Poterti abbandonar piuttosto, o Dio, morir.
L'alta impresa è già compiuta e Gesù con braccio forte,
Negli abissi la rea morte vincitor precipitò.
Chi alle colpe mai ritorna, dalla morte brama il regno
E di quella vita indegno che Gesù ei ridonò.
I duri sassi spezzansi, si squarcia il sacro velo
E l'universo attonito compiange il suo Signor.
Gesù morì insensibile in mezzo a tanto duolo,
Più le macigne stupide restar poi l'uomo solo.
PRIMA PAROLA
(Padre, perdona loro)
E' giusto, Eterno Dio, contro di me il tuo sdegno
Di mille morti degno, per mille colpe io sono.
Vendicare pure devi, il tuo oltraggiato onore
Al giusto tuo furore, ceda la tua bontà.
Ma pria che il fulmin parta dalla tua man la voce
Senti di quel che è in croce, chiede per me pietà.
SECONDA PAROLA
(Oggi sarai con me, in Paradiso)
Non più temer la pace, torna fra noi mortali
Al fin dal ciel gli strali, vi fecero tremar.
Dei falli miei dolenti, perdon ti chieggo anch'io
Perdona al fallo mio, negar Gesù potrai.
Non ho la tua clemenza, regna da polo a polo
Quel che facesti a un solo, a tutti ancor farai.
TERZA PAROLA
(Donna, ecco tuo figlio)
Madre Maria tu dunque, tu sei io son che sento
L'accesso del contempo, o Dio mi opprime il cuor.
Tu nel tuo Figlio dimmi, ne sono indegno il veggo
Ma per Gesù lo chieggo, che figlio tuo mi vuoi.
Per quei languenti sguardi delle tue luci smorte
Che già vicino a morte, ti empian il sen di duol.
QUARTA PAROLA
(Dio mio, perché mi hai abbandonato?)
Dalle stellati sedi, non vedi o nume eterno,
Qual barbaro governo, del Figlio tuo si fa.
Ma che dico io pietoso, è giusto in tal perielio
Abbandonato il Figlio, vuoi pur che sia da te?
Se questa pena ancora, che forse è la maggiore
Gesù per nostro amore, ti toccherà soffrir.
QUINTA PAROLA
(Ho sete)
Quel pallidetto giglio, langue sul proprio stelo
Qualor gli nega il ciclo, fresco vitale umor.
Ah! Se soccorso invano, Gesù dagli altri attende
Quel che da me pretende, non lo pretende invan.
In lacrime cuor mio, tutto dèi stemperare
Quante saran più amare, più dolci a Lui saran.
SESTA PAROLA
(Tutto è compiuto)
Compita è l'alta impresa, Gesù con braccio forte
Precipitò la morte, di averno trionfo.
Per Lui il crudel tiranno, privato del suo regno
Or l'impotente sdegno, invan fremendo va.
Ei con amico dono, al ciel unì la terra
Fra lor l'antica guerra, per sempre già finì.
Cantici dunque ed inni, diciam di eterna lode
Al vincitor, al prode, che il tutto già compì.
SETTIMA PAROLA
(Padre, nelle tue mani, raccomando il mio spirito)
Ahimè che giorno è questo, di orror, di lutto e pianto
Perché di fosco e manto, il ciel si ricoprì.
Perché dèlia sua sete, balza con moto orrendo,
In terra intendo, intendo, Gesù, Gesù morì.
Ah quale mostro, quale, di furia di averna uscita
O Dio la bella vita, troncò del mio Gesù.
Ah del funesto caso, ben so, ben so l'autore
Fu di Gesù l'amore, dell'uom la colpa fu.
Ei per amor si strinse, fra se non sue catene
Egli soffrì le pene, dovute al nostro amor.
Or chi d'amor non muore, chi amor non sente almeno
O non ha cuore in seno, ha di macigno il cuor.
Tomba, che chiudi in seno, il tuo Signor già morto
Sin ch'Ei non sia risorto, non partirò da te.
Alla spieiata morte, allor dirò con gloria
Dov'è la tua vittoria, dov'è, dimmi, dov'è?