Leggi americane restrittive dell'emigrazione
Tra il 1917 e il 1924 la porta d'oro americana cominciò a diventare più stretta. Nel 1917 fu approvato il Literary Test, una legge restrittiva e selettiva insieme, che chiudeva le porte del continente americano agli immigrati che non sapevano né leggere né scrivere. Nel 1924 una nuova legge, il Quota Act, stabiliva una quota massima annuale d'immigrati che potevano essere accettati da ogni altra singola nazione del mondo, preferendo gli stati del Nord a quelli del Sud d'Europa. Uno dei Paesi maggiormente colpiti da queste limitazioni fu l'Italia.
Crisi America Latina
Contemporaneamente, i paesi dell'America Latina, in particolare l'Argentina, iniziarono ad essere attraversate da sempre più frequenti crisi economiche.
Politica restrittiva fascista e Seconda guerra mondiale
A ciò si aggiunga la politica fascista volta all'incremento demografico e, dunque, restrittiva dell'emigrazione. Secondo il regime, infatti, l'emigrazione rappresentava una perdita di energie utili che portava all'indebolimento della nazione, e per questoandava combattuta puntando sull'incremento delle nascite.
Infine, l'avvento della seconda guerra mondiale.
L'emigrazione verso l'Australia
Queste ed altre congiunture fecero sì che il flusso verso le Americhe, poco a poco andasse scemando. Non fu così per i problemi della Calabria e del nostro Acquaro. Questi perduravano e continuarono ad alimentare l'emigrazione. Così, dal secondo dopoguerra, con particolare ed impressionante intensità a partire dagli anni '50, una nuova meta cominciò ad affacciarsi all'orizzonte dei nostri compaesani, attraendo flussi sempre maggiori di gente che percorrevano la strada di un sogno, costellata d'ostacoli, nella speranza di una sorte migliore. Gli acquaresi, qualche centinaio di anni dopo il capitano James Cook, scoprirono anch'essi l'Australia, il continente nuovissimo che dava grandi opportunità stimolando un nuovo immenso flusso migratorio. Per l'Australia, i nostri compaesani, partivano prevalentemente da due porti, Messina e, più raramente, vista probabilmente la maggior distanza, Napoli.
Compagnie di navigazione e agenzie
Dalle notizie che abbiamo raccolto, le compagnie di navigazione che facevano la spola tra il vecchio continente e quello nuovissimo, erano prevalentemente 2: Il Lloyd Triestino (ex Lloyd austriaco), la compagnia di navigazione più antica d'Italia, e la flotta Lauro. Ognuna delle compagnie, nel periodo del pieno flusso verso tale meta, aveva un'agenzia che organizzava il viaggio: per il Lloyd il viaggio veniva prenotato presso il signor Nicola Crupi, mentre, per la flotta Lauro i biglietti erano venduti da Fortunato D'Agostino.
Le navi
Tante le navi su cui gli acquaresi misero piede. I loro nomi susciteranno in molti di voi tanti ricordi, più o meno piacevoli.
Alcune di queste si chiamavano:
"UGOLINO VIVALDI", che, a quanto ci è stato riferito, fece un unico viaggio per l'Australia nel '46, per essere poi dismessa da questa rotta perché troppo piccola ed inadeguata ad affrontare un simile tragitto.
"AUSTRALIA" costruita nel 1951 (gemella della nave "OCEANIA" e della "NEPTUNIA"). Aveva 13.140 tonnellate di stazza, presentava una lunghezza di 161,1 metri ed una larghezza di 21,1 metri, poteva sviluppare 18 nodi marittimi di velocità e ospitava 672 passeggeri.
"NEPTUNIA" (Lloyd Triestino), costruita nel 1932 con una stazza di oltre 11 mila tonnellate a vuoto per una capienza di circa 1000 passeggeri. Una sua caratteristica erano le cabine intercambiabili. Questo permetteva di variare i posti, a seconda delle richieste. Era una delle navi più vecchie durante il boom dell'emigrazione degli anni '50, assieme alla gemella "OCEANIA", anch'essa del Lloyd, erano, al momento del varo, i due più veloci mototransatlantici al mondo con una velocità di 22,56 nodi.
"SYDNEY" (Flotta Lauro), il transatlantico detto anche "la nave delle spose" perché portava in Australia decine di ragazze maritatesi per procura, matrimoni che venivano spesso fatti con la frode, e a volte i mariti, conosciuti solo per foto, non corrispondevano poi realmente all'immagine riprodotta e ci è stato detto, per tale ragione, le spose, a volte, addirittura si rifiutavano di scendere dalla nave. Dalle informazioni che abbiamo raccolto, la Sidney era una delle due sole navi della flotta Lauro, con la "ROMA", a fare la rotta per l'Australia.
Poi, ancora, "GALILEO GALILEI" e la gemella "GUGLIELMO MARCONI". Costruite agli inizi degli anni '60, erano le più moderne e le più grandi navi passeggeri mai possedute dal Lloyd Triestino ed anche le più grandi mai impiegate sulle rotte fra il Mediterraneo e l'Australia. Costruite con accorgimenti all'avanguardia per i tempi, tanto da meritarsi un premio, erano lunghe più di 200 metri ed avevano una capienza di circa 1600/1700 passeggeri, qualche centinaio più di mille dei quali in terza classe. Il 30 novembre 1966 la Guglielmo Marconi investì ed affondò a Messina il rimorchiatore Pioniere che l'assisteva nelle operazioni di partenza. Il 30 dicembre 1975 giunse a Genova dall'ultimo viaggio in Australia. Il 12 gennaio 1975 la Galileo Galilei urtò contro un oggetto sommerso lungo l'Africa Occidentale mentre era diretta in Australia e fu costretta a poggiare su Dakar, per un'ispezione allo scafo. A causa dei danni riportati dovette rientrare a Genova per sei settimane di lavori.
Pionieri e inizio ondata
I pionieri, primi ad imbarcarsi nell'avventura verso il continente nuovissimo, aprendo la strada verso quella che sarà la seconda tappa privilegiata, dopo le Americhe, come nuova patria furono due acquaresi, il signor Domenico Antonio Lanciana ed il signor Pasquale Macrì che, nel 1921, in compagnia di altri undici persone di Limpidi, tra cui i signori Gaetano Figliuzzi, Ferdinando Giofrè, Pietro Muratore, e di tanti altri calabresi, siciliani e lucani, sfidarono la dea bendata e, allora da Napoli, presero i mari sul piroscafo San Russore, della cui esistenza non siamo riusciti però a trovare riscontro, impiegando, pensate, per arrivare a destinazione, ben 74 GIORNI.
All'inizio, non trattandosi di manodopera specializzata, gli acquaresi che si recavano in Australia, continuavano a svolgere l'occupazione che svolgevano ad Acquaro, lavorando nei campi. Un lavoro duro, cui però erano abituati. Ci è stato raccontato che alcuni acquaresi, impegnati durante le torride estati, a tagliar felci, probabilmente per preparare il campo alla semina, arsi dalla sete, non avendo acqua, mettevano in bocca un pugno di terra. Dava loro un senso di freschezza al palato.
La vera e propria ondata migratoria verso la nuova meta, quella di cui, ovviamente, siamo riusciti a raccogliere la maggior parte delle informazioni, prese l'avvio a partire dal secondo dopoguerra, in particolare, fine degli anni '40 inizio '50. Da allora, fino almeno agli inizi degli anni '70, un flusso continuo, immenso ed ininterrotto di giovani del nostro paese iniziò a varcare i mari alla ricerca di un lavoro per un futuro più dignitoso.
Il viaggio
Il viaggio era una vera e propria odissea della durata, circa, di un mese. La nave, salpata da Messina o da Napoli, faceva il primo scalo, dopo 3 GIORNI di navigazione, a PORT SAID, città all'imbocco del CANALE DI SUEZ. Qui, non si sa bene perché, forse per lasciar spazio a personale più esperto nell'attraversamento in uno spazio così ristretto, l'equipaggio italiano scendeva, lasciando la nave a quello egiziano, che riscendeva all'arrivo nel MAR ROSSO, facendo risalire quello italiano.
Via Gibilterra
A volte capitava che il canale venisse chiuso per sciopero o qualcos'altro (la CRISI DI SUEZ del '56, ad esempio, il conflitto che vide opposti Gran Bretagna, Francia e Israele all'Egitto a causa della nazionalizzazione della Compagnia (anglo-francese) del canale, da parte del presidente egiziano Nasser. Tale crisi portò alla chiusura del canale per circa un anno). In questi casi le cose si complicavano, perché si doveva attraversare lo STRETTO DI GIBILTERRA e circumnavigare l'AFRICA, facendo scalo al CAPO DI BUONA SPERANZA, e da qui direttamente a FREMANTLE, in Australia, accrescendo di parecchi giorni la durata del viaggio.
Via Suez
Per fortuna questo accadeva raramente e, la rotta normale era quella attraverso il CANALE DI SUEZ, oltrepassato il quale, la nave giungeva nel MAR ROSSO, fermandosi ad ADEN, città dello YEMEN all'altro sbocco del CANALE, che era un porto franco dove il combustibile era a buon mercato. Fatto rifornimento, la nave della speranza ripartiva alla volta dell'OCEANO INDIANO e, dopo altri 10 giorni di mare, toccava le coste di una nuova tappa del viaggio, COLOMBO, nello SRI LANKA, a sud dell'INDIA. Poche ore di sosta e si ripartiva alla volta di FREMANTLE, il primo porto dell'Australia, dove si giungeva dopo altri 10 giorni di OCEANO. Un giorno ed una notte di sosta e, via di nuovo verso Melbourne, altri cinque giorni di viaggio e si arrivava finalmente a destinazione.
Viaggio sul Neptunia
Raccontato così, il viaggio non stupisce per altro se non per la sua durata. Ma, come si svolgeva questo viaggio? Com'era la vita sulla nave.
Siamo riusciti a recuperare la descrizione di un viaggio dalla motonave "Neptunia", una delle più vecchie navi a fare questa tratta negli anni ‘50/'60.
La nave
Come detto, il "Neptunia" ospitava circa 1000 passeggeri. La piccola minoranza (poche centinaia) che viaggiava in prima classe era ospitata in uno spazio che occupava i 2/3 della nave (verso prua, cioè nella parte anteriore della nave). Il resto dei passeggeri (750/800 emigrati) erano alloggiati nel rimanente terzo (verso poppa, sulle eliche, dove il movimento della nave sulle onde si faceva più sentire), la cosiddetta Classe Turistica, la quale, a sentire questo racconto, di turistico aveva poco. Tali turisti dormivano in cameroni, divisi tra uomini e donne, con una cinquantina di posti in letti a castello. Tali locali erano solo adattati a dormitorio. In realtà non erano altro che stive di carico della nave. Infatti, nel viaggio di ritorno i letti venivano smontati e le stive riempite di balle di lana grezza, allora principale merce di esportazione australiana.
Partenza da Reggio
La nave, come detto, partiva da Messina. Una volta ci fu un singolare esperimento fatto da un ministro calabrese della Marina Mercantile, il quale pensò che i poveri corregionali emigranti non dovessero recarsi sino a Messina per imbarcarsi per l'Australia, e fece fare scalo al Neptunia anche a Reggio Calabria. L'esperimento e le buone intenzioni, sicuramente elettorali, del ministro calabrese, non ebbero però vita lunga. Il porto di Reggio, infatti, era estremamente piccolo e, già al primo tentativo, per un miracolo la Neptunia, 11 mila tonnellate di stazza, non si sfracellò sugli scogli. Gli emigrati si dovettero rassegnare e continuare ad attraversare lo stretto.
Le donne sulla nave
Da tale racconto, fatto da un Commissario di Bordo, le donne provenienti da realtà caste come la Sicilia o la Calabria, dove la donna doveva mantenere un certo decoro, arrivavano sulla nave bardate in modo tale che non si vedesse nemmeno un Cm. di pelle, e, così vestite, affrontavano tutta la traversata, incalzate anche dal cappellano di bordo il quale, senza sosta, le metteva in guardia sui pericoli che le attendevano in un Paese straniero e - forse - senza Dio. Immaginate cosa passavano queste povere donne quando, soprattutto nell'attraversamento del Mar Rosso, nei locali interni e nei cameroni, privi di aria condizionata, la temperatura saliva a circa 40-45 gradi centigradi.
Il Monsone
Altro tormento, per tutti, era il monsone, il forte vento che soffia, da maggio a settembre, in INDIA e nell'OCEANO INDIANO. Le navi del Lloyd Triestino che andavano in Australia erano piuttosto corte e alte e con il monsone di traverso ballavano e sbandavano, per la gioia degli stomaci dei viaggiatori. In tali condizioni, il ponte della nave era letteralmente ricoperto da corpi distesi ed inanimati, che si lamentavano di stare morendo e rifiutavano ogni cibo e bevanda.
Un viaggio, dunque, che era una vera e propria peripezia che stremava anche il più robusto dei passeggeri. Un sacrificio enorme per un lungo viaggio verso un mondo assolutamente “ignoto”, che si affrontava perché la speranza di un futuro migliore, faceva passare in secondo piano qualsiasi altra considerazione.
Nota: Questo testo è stato scritto in occasione della Festa degli Emigrati del 2008.