ACQUARO, 13 NOVEMBRE 2009: ACCADEVA 50 ANNI FA...

ALLUVIONE DEL 12-13 NOVEMBRE 1959

DEL PROF. FERDINANDO IERARDO

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Sono trascorsi cinquanta anni da quella tragica e tempestosa notte.
Molti cittadini di Acquaro, allora ragazzi o giovani, non hanno dimenticato, non possono dimenticare; ancora sono impresse nella loro mente e nei loro occhi le scene di distruzione, di disperazione e di scoramento.
Una normale serata autunnale quella di giovedì 12 novembre 1959. Il cielo plumbeo e la pioggia che cadeva rientravano nel normale periodo stagionale e nulla faceva presagire un incombente evento catastrofico, un grave pericolo.
Le ombre della notte sembravano scendere più velocemente, quasi a voler nascondere quel muro nero di dense nubi all'orizzonte. La maggior parte della gente, ignara del pericolo, era andata a letto più presto del solito, poiché l'indomani occorreva alzarsi presto e recarsi in campagna per la raccolta delle olive, (l'annata olearia prometteva un'abbondante e gratificante raccolta), inoltre nelle case non erano ancora diffusi mezzi di svago, come la televisione, per rinviare di qualche ora il necessario riposo. Verso le ore 22,00 fulmini, tuoni assordanti che facevano vibrare i vetri delle imposte, una pioggia violenta, persistentemente scrosciante, forti raffiche di vento contro case, alberi ed ogni cosa, interruppero il sonno di chi era già andato a letto.
Si pensò ad un temporale, un normale temporale, ma forse pochi si accorsero che violentemente, inesorabilmente stava cambiando l'aspetto di vie, case, strade, campi, orti; inoltre l'interruzione continua della corrente elettrica, la mancanza di illuminazione nelle strade non consentiva di cogliere l'aspetto drammatico della situazione. Di tanto in tanto vi era chi, attraverso lo spiraglio di una finestra, lanciava nella via pezzetti di pane benedetto, avuto in chiesa durante il sacro rito della Cena di Giovedì Santo e conservato anche per queste occasioni, come avevano tramandato i nostri avi. Essi, in simili occasioni di pericolo, lanciavano pezzetti di pane benedetto nella via come offerta, una preghiera a Dio, alla Madonna, ai Santi per invocarne la protezione e il placamento delle forze imprevedibili della natura.
All'agitazione ed alla paura si univa la preoccupazione della possibile perdita del raccolto delle olive, unica fonte di risorsa economica, unica possibilità di sopravvivenza per la maggior parte delle famiglie, che con l'olio ricavato speravano di saldare i debiti accumulati nel corso dell'anno.
Trascorsa la lunga notte, alle prime luci dell'alba di venerdì 13 novembre 1959, agli occhi increduli degli abitanti di Acquaro, dove il fenomeno piovoso si era maggiormente concentrato, apparvero in tutta la loro drammaticità i segni lasciati dalla forza distruttrice della natura. Dalla zona montana e collinare sovrastante il paese era stato trascinato a valle tutto ciò che la forte corrente fluviale, che si era formata, era riuscita a svellere dal suolo: alberi, fango, detriti, enormi massi. Gravi apparivano i danni ad infrastrutture, come ponti, strade, vie di comunicazione, orti, campagne, rete idrica, fognaria e vi erano stati persino crolli di muri e pareti di case invase dal fango, grosse pietre e tronchi di alberi.
Le zone più disastrate erano Via IV Novembre, dove un tunnel sottostante era ostruito da ogni sorta di materiale venuto giù a valle; tronchi d'albero ed enormi massi ostruivano il deflusso delle acque verso il fiume Amello.
Il fango aveva imprigionato nelle stalle e nei bassi a pianterreno gli animali domestici: pollame, conigli, maiali, capre, pecore che la gente allevava. Merita particolare menzione ciò che accadde all'asino del sig. Pietro Imeneo, rimasto per 18 ore immobile, immerso nel fango fino al collo. Per trarlo da quella incresciosa e pericolosa situazione occorse tanto amore da parte del suo padrone; per anni gli era stato fedele compagno di lavoro e mezzo di sussistenza per sé e per la famiglia. Il sig. Pietro Imeneo, liberatolo dal fango con l'aiuto di parenti e di amici, lavò e riscaldò il suo asino, coprendolo con sacchi di juta immersi in acqua ben calda.
Un'anziana donna fu trovata in un armadio, dove si era rinchiusa, spaventata dalle violente scariche elettriche che solcavano il cielo e dal rumore assordante dei tuoni e dei massi che rotolavano lungo la via.
Altri enormi danni si ebbero nell'attuale Via Martiri d'Ungheria, Piazza Matrice, Via Talomo, Via Canale e Via Europa. Piazza Municipio, situata al centro del paese, era ricoperta da un metro di fango ed acqua, misti a botti piene di vino novello, autoveicoli, alberi, massi, attrezzi agricoli, bidoni e giare per l'olio, ed ogni altra cosa che la furia dell'acqua aveva strappato dalle case.
L'unica nota positiva e, senza dubbio, consolatrice fu la mancanza di vittime o di feriti gravi.
Innumerevoli frane lungo la strada provinciale verso Acquaro, Dasà, Melicuccà, Dinàmi ostacolavano e rendevano difficile, quasi impossibile, il transito di autoveicoli e di mezzi di soccorso. Infatti i primi soccorsi giunsero qualche giorno dopo il 13. Tuttavia gli abitanti di Acquaro quello stesso giorno, con ogni mezzo e attrezzo a loro disposizione, cercarono di intervenire per rimuovere innanzi tutto il fango e l'acqua vicino e dentro le loro case.
Ma... che cosa era avvenuto quella fatidica notte del 13 novembre?
Morfologicamente la zona sovrastante l'agglomerato urbano di Acquaro possiede generalmente caratteristiche di stabilità, infatti in passato, se si esclude l'alluvione disastrosa del 1885, non si sono riscontrati segni premonitori di situazioni dissestanti o di franosità in atto. Inoltre le aree sovrastanti non evidenziavano ambiti soggetti ad erosione pluviale. Durante quella indimenticabile notte del 13 novembre, a causa delle violenti e incessanti piogge, si erano verificate profonde infiltrazioni delle acque superficiali con un aumento del potere erosivo, causato dal taglio trasversale del pendio collinare sovrastante il paese di Acquaro. C'era stata sicuramente un'alterazione dei livelli marnosi e limosi-argillosi che costituiscono la superficie di scivolamento.
Il Messaggero della Calabria, in data martedì 17 novembre 1959, riportava tra le sue pagine un articolo del giornalista Leo Ciriaco, il quale si era recato ad Acquaro per osservare da vicino i danni provocati dall'alluvione. Il Ciriaco scriveva:
"Acquaro ha urgente bisogno di essere restituito alla vita. E' certa una cosa: che la nostra commozione, per quel che sentiamo dalla viva voce di coloro i quali erano stati protagonisti di una terrificante lotta contro la morte, diventava automaticamente rincrescimento verso coloro che non avevano ancora provveduto a dar loro una mano generosa e concreta, per rimetterli di nuovo, psicologicamente e materialmente, con immediati aiuti, ad una migliore vita. Acquaro ha vissuto forse le 24 ore più terribili della sua lunga vita. Al nostro arrivo in paese abbiamo trovato un'autopompa dei Vigili del Fuoco e la Polizia, che era riuscita ad entrare per prima nel paese, dopo 36 ore di totale isolamento.
Un disastro inconcepibile, incredibile; ciò appariva anche dai volti emaciati, stanchi dei cittadini, i quali non avevano dormito per due notti e due giorni, sempre in attività per far sì che in Acquaro si ritornasse in qualche modo a vivere. Visto che nessuno ancora si era prodigato a portar viveri, letti, ruspe alla cittadinanza, (era già trascorsa una giornata dal momento in cui la strada provinciale era stata riattivata), gli abitanti del paese, stanchi, si erano decisi a lasciare da parte i mezzi primitivi che avevano a loro disposizione, consci della inutilità dei loro sforzi, e a protestare contro il sindaco, Giuseppe Ierfone, e contro il tenente della Polizia per il mancato arrivo di aiuti da parte delle autorità provinciali. La cosa finì bene per la comprensione e la disponibilità del Sindaco e delle Forze dell'Ordine, che cercarono di mantenere la calma e di ordinare le cose nella maniera migliore.
Danni rilevanti hanno subito anche i paesi di Dasà, Arena e Gerocarne, le strade statali e provinciali”.
Occorsero diverse settimane per rimuovere dalle vie, dai vicoli e dalle case massi, tronchi d'alberi, radici, acqua e fango. Due scalpellini lavorarono più di una settimana per demolire un enorme masso che aveva ostacolato, a monte della Via IV Novembre, presso la fontana "Mastru Carmelu”, il deflusso delle acque e dei detriti.
La mattina del 16 novembre 1959 un anziano signore del paese, intervistato sull'accaduto, rispose che durante la sua vita non aveva mai assistito ad un evento così disastroso.
Nel libro di recente pubblicazione "ACQUARO – Memoria Storica attraverso l'Immagine” - autori il prof. Ferdinando Ierardo e il fotografo Rocco Citino - sono state pubblicate anche 26 foto, che mettono in risalto l'accaduto e raccontano più delle parole il dramma vissuto dalla popolazione di Acquaro.
La sera di giovedì 11 dicembre 2008 una nuova alluvione, una nuova tragedia stava per incombere sul paese di Acquaro; gli abitanti erano quasi sicuri di assistere al ripetersi di quanto era accaduto nel lontano 1959.
Si sa che il 2008 fu uno degli anni più piovosi degli ultimi decenni.
Sull'imbrunire di quella sera, di cui sopra, improvvisamente e inaspettatamente una leggera pioggerella si trasformò in una pioggia dirotta e torrenziale. In pochi minuti tutte le vie del paese furono inondate di acqua mista a fango e a detriti. La minaccia questa volta non giunse dalla parte alta del paese, in corrispondenza delle colline di Liso e Salandria, ma dalla parte nord-est e precisamente dalle colline di Maguli e Malamotta. Da qui le acque, cadute ininterrottamente per alcune ore, trascinarono a valle fango, massi, radici, reti per la raccolta delle olive, enormi tronchi di alberi e tutto ciò che trovarono lungo il percorso. Gran parte di questo enorme materiale ostruì il burrone ed il tunnel che corre sotto la via San Giovanni. L'acqua ed il fango, impediti a defluire a causa dell'accumulo del materiale, tracimarono in prossimità dell'abitazione del geometra Gabriele Corrado e si riversarono lungo la zona Galiano e Corso Umberto fino a Piazza Municipio, inondandola. Enormi danni subì in particolare l'abitazione del Corrado, poiché gran parte del materiale trascinato a valle invase tutto il piano terra della sua casa e del giardino fino all'altezza di oltre due metri; qui i tronchi e le pietre trasportate dalla furia dell'acqua abbatterono anche il muro di cinta; occorsero diverse settimane per rendere agibile la casa.
Anche in questa occasione fu necessario l'intervento dei Vigili del Fuoco e delle ruspe per ripulire il paese. Il giorno seguente, cioè venerdì 12 dicembre, furono segnalati gravi danni anche nella Frazione Limpidi, dove si rese necessario far evacuare un'abitazione in prossimità del piccolo Calvario, irreparabilmente danneggiata.
Molte vie di comunicazione verso Dasà, Arena, Gerocarne, Soriano Calabro rimasero interrotte per diversi giorni. Ancora oggi, a distanza di quasi un anno, portano i segni di quella notte di tempesta, poiché non tutte sono state riparate, per cui il transito è reso ancora difficile e pericoloso a causa del restringimento di alcune carreggiate.
Abbiamo voluto rievocare tutto ciò, affinché rimanesse il ricordo di quanto accaduto e venisse portato a conoscenza in modo particolare di quegli Acquaresi che vivono all'estero. Si spera che le varie Amministrazioni comunali, provinciali e regionali si adoperino a mettere in sicurezza anche il nostro territorio attraverso adeguati interventi, affinché non debba mai più in futuro ripetersi quanto sopra descritto.

Acquaro, 13 novembre 2009

Prof. Ferdinando Ierardo