A ABBRUZZU ACQUA JHIANCA AGGHJIONA AGRISTINU ALÚ AMATA ANGIALIARI ANNIASI ANTONA ARGHILI ARICEJIA ARIOLA ARUSU B BANDISTA BARRACCHI BENAGGIA BETTAREJHIA BRUTINI BUCCAFURNU BURRUNI C CAMMARA CAMMARINU CAMPAGNUALU CAMPICIAJHIU CAMULIA CANDILA CANNÀLE CANNALETTA CANNAZZI CARCARA CARIU CARRÀ CARRENTINU CARRUOTTU CARVARIU CASTAGNARIAJHI CASTIAJHIU CATALANU CAVURA CENTUMASE CERASANU CESARU CHIANA DI LU MULINU CHIANI CHIUSA CIANCI CIARZI CICIARU CILATEJHIA CILLANDRIA CIRUBINU COCCALU COLACCHIO COLACI CONDINU CORNARIA CORVANU COSTAREJHIA CRAGHJIU CRUCI CRUCIFISSU CUARTICA CUCCU CUFÙ CUNDUFURU CUNDURIAJHIU CUOCU CURTISI CUTURI D DIAVULOMANI DONNANTUANI DONTANI DUI VAJHIUNA F FAVIERI FAGU DU' 'RRE FAJHIÀ FAZZARI FELLARI FERRUZZEJHIA FIMMANEJIA FUNTANA VECCHJA FURNARU FURNIAJHIU G GAJIETTARU GAJHIAJHIU GALATI GALIANU GALLONE GARIJHIU GARUOMPULU GATTU GIANNÌ GIANNOTTA GIBBIUNI GIEBBIA GIRUNI GRIJHIU GUARDIA I ILICHIAJHIU J JHIANCARU JIARDINU JIEMMU L LAGRUTTI LISU LUCCIA |
M MADONNEJHIA MAGULI MAJIERÀ MAJIU MALAMOTTA MANETTA MANGIASANU MANGIATUREJHIA MARCARIEJIU MARINARA MARTINULI MARZANU MASTRA MASTRU FUANZU MELIDUANI MIADICU MARCU MIESIMA MIGGHJANÒ MIGNANU MINDUANI MONACHEJHIA MONACU 'MPISI N NAZZA O OLIVA OLIVARIEJI P PALAGRINU PALANGATI PALUMBARU PANDEJHIA PAPÀ PARDALUSA PATIEJU PERRICUNI PERTUSU PETRATUNDA PETRERA PETRUGNANU PICEJIA PIGNARI PIRU POGGHJARU PONTINU PONTINU I GURRAINA POTAMI POTEJHIA PRIGATUARIU PRINCIPATU PRUNARI PUANTI DU' SORDARU PUANTI I FIARRU PUARRU Q QUARTERA R RINA RINEJHIA ROCCEJHIA S SALANDRIA SAN FILIPPU SANGIANNI SANGIANNIAJHIU SAN LORIANZU SAN MATTIO SANSINU SANTU MARTINU SANTU NICOLA SARVATURI SARVEREGGINA SAVUCÀ SCIOMÀ SERRA 'A MIANZU SERRIATU SERRICEJIA SORDARU SPERANZA SPISIANU SPRUJHIA STINCHI SUGNATURI SURITU SUSU SUVERARU SUVERU T TICCHITI TIMPA JHIANCA TIMPUNA TONGA TORNISI TRIPPIETRI TRIVVAJHIUNI TUMERA U UARTU 'DA CHIASI UMBRU V VALIERI VARRANCU VARTULI VASCIU VIGNALI VILLA VRAZZARA Z ZANGADI |
Ognuno di noi, con la propria memoria, si confronta con una pluralità di luoghi per lui rappresentativi. Le diversità di questi luoghi diventano delle sceneggiature esercitative preordinate che fungono da guida agl'itinerari del vissuto; quando tutto questo, per motivi diversi, è condiviso e condivisibile, si entra in una funzione di memoria collettiva. Non basta avere semplici ricordi dei luoghi del vissuto ma, è bene attendere che gli stessi si ripresentino in abiti diversi; in quest'andirivieni d'altalenante memoria visiva, si fissano miti e riti che hanno valori identitari che ci accompagnano per tutta la vita. Quanti modelli della nostra esistenza si mostrano sotto forma di rappresentazioni visive? Ognuno ha la sua storia che è anche compresa e racchiusa nella geografia dei luoghi di appartenenza; noi siamo anche un prodotto inseparabile dai luoghi del nostro vissuto. Richiamare alla memoria un luogo, produce impatti sensoriali che alimentano circuiti emotivi. Le sintonie percettive, che sono causa ed effetto dei ricordi dei nostri luoghi, ci danno, a volte, un grande piacere ma, a volte, anche un dispiacere nell’anima; questi effetti, di fatto, ci fanno interagire con il mondo. Ricordare i luoghi della nostra infanzia è l’anamnesi iniziale per poter entrare, con un valido lasciapassare, nel ventre della nostra storia attraverso caratteristici sentieri. Il ricordo del nostro paesaggio-memoria si confronta inevitabilmente con la realtà a noi circostante dandoci riferimenti coordinati di valori visivi non solo attrattivi ma, anche repulsivi. Come mai io mi ritrovo di più e meglio in una verde collina anziché in un azzurro mare? Il paesaggio vissuto nel ricordo crea sicuramente dipendenza ed è nell’interazione di questa dipendenza con la realtà che si affinano anche i nostri graditi criteri visivi. Le immagini ed i suoni evocati e presenti nei luoghi della memoria ci accompagnano nella quotidianità della vita. Per tutti coloro che si sono allontanati dai luoghi d’origine vale la tirannia nostalgica del paesaggio-memoria. Il ricordare resta disperatamente ed amorevolmente ancorato al tempo ed allo spazio del vissuto e le visioni, incorniciate nelle originarie emozioni, incorporano, oltre al consolatorio incanto, anche la sofferenza languida ed impotente della nostalgia. In questa condizione sentimentale si sprigionano pulsioni mai sopite, liberando tutte le possibili ed immaginabili fantasmagorie che, se ben utilizzate, possono aiutarci a declinare la realtà, farci crescere e misurare con il mondo.
Paesaggio della memoria: ‘U CANNÀLE
Amorevoli visioni nel tempo e nello spazio
Acquaro è un piccolo paese della Calabria a ridosso della dorsale appenninica, incuneato sotto le Serre, che si distende a cavallo del fiume Amello che lo attraversa. L’elemento “a c q u a” è una caratteristica fondamentale per entrare in sintonia con una sua visione paesaggistica. Nel paesaggio della mia memoria, rivedo il fiume e gli orti adiacenti (in dialetto “angre” dal latino “ancrae”, “pezzo di terra coltivato vicino al fiume”) come fortemente rappresentativi del sentimento ludico-produttivo del nostro essere. Località "Cannàle", terrazzamenti strappati all’intemperanza dell’acqua, arginati da sassi di fiume, che disegnavano una geometria omogenea ma asimmetrica, con a base triangoli-rettangoli che cingevano l’abitato. All'interno di questa mia memoria visiva, lo scorrere del fiume era inteso come l’elemento sonoro a base del ritmo quotidiano dell’esistenza. Nel mio ricordo, "vajiu all’angra” (vado all'orto) non era percepito come un viaggio fisico, misurabile in tempo-distanza, ma rappresentava, prima di tutto, un trasferimento mentale in una dimensione di piacere creativo. Caratteristico era il sistema per irrigare tutto questo variegato paesaggio produttivo; una ben coordinata canalizzazione dell’acqua, sempre a caduta, che, con sbalzi capillari, si diramava in canali e “cannalette”, raggiungendo anche il più piccolo degli appezzamenti. Il ricordo della veduta di questi luoghi mi riserva la stessa meraviglia che aprire un’enorme, vecchia “cascia” (cassettone). Si vedono vecchi e raffinati fazzoletti inamidati di terra, sovrapposti e disallineati tra loro. Osservo, con ammirazione, il ben ripiegato fazzoletto della coltivazione "dá suriaca" (dei fagioli) con disegnati verdi grovigli di canne con avviluppati enormi foglie e baccelli; adiacente, l’ordinato fazzoletto "di patati" con riprodotti vecchi decori merlati di foglie e fiori bianchi imbellettati di giallo; sottostante, il rifinito fazzoletto "di citrola" che sembra rappresentare la ballata degl' impiccati; soprastante, un tovagliato molto ben curato, sparpagliato di grandi fiori gialli e foglie giganti, trombone ed orecchianti che celano prolifiche famiglie di “cucuzze e cucuzzelle”; ancora l’elegante fazzoletto delle “malangiane” che mi ricordano un convivio funebre, dove tutti, grassocci e lindi, sono vestiti a lutto; in una vicina "lenza" (piccolo terrapieno) ci sono ordinate impalcature di "pumadora" colorate di rossa felicità! E poi, ancora, varietà infinite di "pipi e piparejia": rossi, verdi, gialli, arancioni, a corno ed a cornetto, “a cerasu" e "cerasiajiu", "a pupazziajiu", "a nasca", "a simiggi", "tundulini", "a buttuni" ed a "buttuniajiu", "a lampadina", "a luci 'i candila", "a mazzottiajiu", a "schjocca", "schjocchejia" e “schjocchejiuzza”, "riggitani", "cimaluari", “pé frijhire”,” pé salare”, “pé siccare”,” pé inchjre”, “p'arrustire”, “p'acitu”, “pá resta” e “pé stricare”, “frischi” e “arripizzati”, “duci”, “chi spezzijhianu”, “chi vrusciulijhianu” o “jettanu fuacu”... ahhhhhh che antica e piccante meraviglia!!
Vivi nella memoria anche gli spiritosi profumi d’arancia, limone e mandarino che facevano arricciare le narici mandandole in estasi d'amore!
Ricordo anche forti urla e schiamazzi; dei “gran vastasi ignudi" (ragazzacci nudi) che incessantemente si tuffano, come stessero in una piscina imperiale, sfidando, con fare esuberante e strafottente, la monotonia del gorgo.
Rivedo ancora gigantesche ruote poste a sentinella del fiume che, minacciose ed imperterrite, fanno muovere, ad "acquagiro", la peperina pietra del vecchio e bianco "mulinaru"!
Osservo ancora le nostre mamme lavandaie chine sul canale a sbatter panni, come a ribadir con forza la loro caparbia, candida e profumata identità!
In queste visioni, i soggetti si mischiano, confondendosi, con le tonalità dei colori di tutte le altre forme, compresi gli animati e scroscianti gorgoglii dell’acqua, liquida e limpida anima! Il nome "Acquaro" è una sintesi perfetta "dell'imprinting" che ci caratterizza. L’acqua, per noi “accquaruati", rappresenta il materno liquido che ci protegge e ci nutre. E Limpidi (nome della frazione-borgo)? Completamente privi d'impurità, chiari e cristallini, puri, tersi e trasparenti! Questi aggettivi si addicono anche alla descrizione della tipica cantilena del cadenzato dialetto limpidese.
Tutte queste “acquatiche visioni” procurano ai nostri sensi degl’innegabili piaceri: alla vista lo scorrere delle eterne armonie; all'udito il ritmato scorrere con tonfi e ritonfi; all'olfatto l’inebriante profumo della vita; al tatto il pulito e fresco bagnarsi; al gusto l’essenza di tutti i sapori della nostra Terra Madre.
Giovanni Luzzi
Un ringraziamento particolare a Natale Acquaro, Franca Crupi, Ubaldo Doré, Vincenzo Luzza, Elisabetta Luzzi e Pasquale Rosano per aver ricordato insieme questi luoghi ed ancora, non secondariamente, a Vittorio Lingiardi che, con il suo “Mindscapes” Psiche nel paesaggio, Raffaello Cortina Editore, mi ha “suggerito” questo divertimento.