L'Ora della Calabria del 15 Febbraio 2014

I social network, è noto, permettono a chiunque di esprimere qualsivoglia pensiero, sia esso di critica o di elogio, su chicchessia e su qualsiasi cosa, a volte anche travalicando i limiti dei comune buon senso.
E così si sta andando definendo una nuova e particolare forma di democrazia, con la possibilità di esporre le proprie idee, in linea con quanto esplicitamente fissato dall’articolo 21 della nostra Costituzione. Questo potrebbe essere vero qualora, come avviene vis a vis tra le persone, anche chi si esprime da “Facebook” lo facesse, sempre nei limiti dei “buon costume” fissati dal medesimo articolo precedentemente citato, mettendoci prima la faccia.
Cosa che, evidentemente, non è avvenuta nel caso del profilo anonimo “Vero Acquaro”, il quale, oltre ad accusare palesemente e pesantemente di scarsa trasparenza l’amministrazione per la non pubblicazione di atti importanti sull’albo on line, ha suscitato parecchie polemiche ed altrettanti insulti da parte di cittadini acquaresi iscritti al social network, avendo postato un messaggio in cui, sotto la foto satellitare del paese, campeggia la scritta «questo è Acquaro una m.... di paese», col resto della scurrile parola al posto dei puntini. Il messaggio è datato 19 marzo 2012, ma, stranamente, i “social” utenti se ne sono accorti a partire da inizio mese, data dalla quale sono partiti i pesanti insulti verso l’iscritto che opera dietro falso nome.
La vicenda pare avere indignato anche il primo cittadino Giuseppe Barilaro, che, unendosi al coro di sdegno di tutti gli altri, ha ufficialmente denunciato l’accaduto sull’home del sito istituzionale del Comune, annunciando esplicitamente che sporgerà formale denuncia. «Da qualche tempo - scrive Barilaro on line - attraverso un comunissimo social network, l’amministrazione viene costantemente presa di mira da un sedicente cittadino di Acquaro che lamenta mancanza di trasparenza ed illegalità nell’attività dell’ente». Ma è altro ciò che ha indignato il sindaco, secondo cui «nessuna considerazione merita chi, in modo anonimo e non costruttivo, si permette il lusso di definire il paese come “un paese di m...”», ragion per cui, spiega, «al fine unico di tutelare l’immagine dell’amministrazione comunale e del paese stesso, provvederò personalmente a sporgere formale querela alla competente Procura della Repubblica, per il tramite della Polizia postale, al fine di individuare il responsabile e far sì che si proceda all’accertamento di profili di responsabilità penale in ordine al reato di diffamazione». Perché la democrazia è bella, se viene praticata, però, nei limiti del “buon costume”.
Valerio Colaci