Il Quotidiano del 17 Marzo 2014

«Doveva essere un’iniziativa dedicata alla memoria delle vittime della mafia, vittime come mio figlio. Alla fine, purtroppo, è stata la solita manifestazione durante la quale si sono spese le solite parole inutili e le vittime, proprio come il mio Filippo, sono state messe in secondo piano, quasi dimenticate».
E’ quanto afferma Martino Ceravolo, papà dei diciannovenne di Soriano che nell’ottobre del 2012 fu ferito mortalmente, a causa di un tragico scambio di persona, nel corso di un agguato di chiaro stampo ‘ndranghetista. Martino, così, esprime la sua amarezza, a margine dell’iniziativa promossa sabato da Libera. «Mi spiace, intanto, per i ragazzi che vi hanno partecipato e, come dimostra il video che pubblico sul mio profilo Facebook, si sono molto prodigati per la memoria di Filippo. Ma spiace - aggiunge papà Ceravolo - soprattutto per la mia famiglia, che cerca conforto dal dolore che da quella maledetta sera non ci dà pace e che, malgrado gli sforzi, conforto non riesce a trovare».
Martino contesta in primo luogo quelle istituzioni che - dice - «ci hanno abbandonati. Ci stiamo battendo affinché il nostro Filippo sia riconosciuto dallo Stato per quel che è, ovvero una vittima della mafia, e pertanto che a noi suoi familiari siano riconosciuti i diritti e le garanzie che la legge prevede. In tal senso, finora, abbiamo potuto contare solo sulle nostre forze. Ci è stato detto, anche ieri (sabato, ndr), di “stare addosso” agli inquirenti affinché facciano luce al più presto sugli assassini, ma noi sappiamo che è inutile “stare addosso” perché tanto il magistrato quanto i carabinieri stanno facendo il possibile e abbiamo fiducia che prima o poi raccoglieremo i risultati del loro impegno». In questo momento, come nel recente passato, è altro ciò che pesa: «Dalle piccole alle grandi cose - spiega -. Per esempio abbiamo chiesto che a Filippo e alle donne vittime di violenza fossero dedicati una via e un parco. A Soriano non è successo nulla di tutto questo, così pure negli altri centri della provincia. Chiediamo che Filippo sia dichiarato vittima di mafia ma siccome nulla finora si è mosso, ci dicono che bisogna andare a Roma e combattere… Ma secondo voi se fossimo stati nelle condizioni di affrontare simili spese saremmo qui a chiedere aiuto alla politica e alle istituzioni che invece si girano dall’altro lato?».
Martino Ceravolo è critico anche con l’associazione Libera: «Finora, francamente, noi non abbiamo avuto alcun sostegno... Noi familiari e pochi amici abbiamo organizzato fiaccolate e manifestazioni, tutto a spese nostre, tutto col nostro impegno. Vi hanno preso parte, spontaneamente, centinaia di cittadini, che da tutta la provincia continuano a manifestarci il loro affetto. E Libera? Sì, era presente qualche rappresentante dell’associazione. Ma loro sono Libera e Libera è tutto questo? Una passerella per dire ci siamo pure noi e basta? Noi, concretamente, fosse stata anche per una semplice maglietta col volto di Filippo, non l’abbiamo vista. E oggi ci dice di “stare addosso” alla magistratura affinché faccia luce sulla morte di mio figlio. Stia Libera addosso agli inquirenti...». Conclusione amara: «In manifestazioni come quelle di sabato ci siamo resi conto di quanto siamo ignorati. Noi non abbiamo la scorta, perché non ci serve e perché non la vogliamo. Noi siamo costretti a combattere contro la mafia perché la mafia ci ha strappato un figlio. Quel figlio il cui nome viene usato per certe iniziative che, alla fine, non servono a nulla, salvo diventare passerelle per politici e rappresentanti delle istituzioni che parlano bene e poi se ne fregano di noi».