Monsignore Francesco Luzzi
Monsignore Francesco Luzzi

Quinto di 7 fratelli, don Francesco Luzzi nasce l'1 ottobre del 1918 da Domenico Antonio ed Elisabetta Crupi. Di vocazione precoce, a soli 11 anni avviò gli studi ginnasiali al seminario di Mileto, per poi intraprendere gli studi filosofici a Reggio Calabria. Mente brillante, quella del giovane Luzzi, aperta ad una feconda "bigamia" col duplice profondo amore, per il sacerdozio, scopo di vita, e, nel contempo, per la cultura, seconda smodata passione che, negli anni, lo vide autore e curatore di molte pubblicazioni, nonché, dal 1975 sino alla morte, direttore dell'archivio storico diocesano di Mileto che, sostenuto da monsignor Cortese e da pochi collaboratori, con perenne impegno riorganizzò egregiamente, rendendolo punto di riferimento di studiosi e ricercatori, non solo locali, e facendolo dichiarare «di notevole interesse storico» dalla Sovrintendenza ai beni culturali. «Lo ricordiamo - scrisse in un articolo del marzo '95 su "Il Normanno", l'amico ed estimatore don Filippo Ramondino - con lo spolverino nero, seduto per ore… a studiare, schedare, decifrare documenti dal 1500 ad oggi». Il tutto, affinché, del suo lavoro entusiasta, ne godessero anche altri. «Il materiale riscoperto - scrisse nella premessa al primo numero del "Tabularium Mileten", edizione critica, da lui voluta, di rilevanti manoscritti inediti - appare di tale interesse che merita di essere portato a conoscenza di una più larga cerchia di ricercatori e studiosi». Dopo Reggio, approdò alla pontificia facoltà teologica di Posillipo, Napoli, distinguendosi per la smisurata preparazione e saggezza culturale. Qui, nell'ultimo anno di studi, nella cruenza della guerra, il ventitreenne Luzzi conobbe un raro momento di crollo e sconforto: «Sono molto stanco - scriveva al vescovo pro-tempore di Mileto Paolo Albera, nel novembre del '41 - … Quasi ogni notte, 5, 6, e anche 7 ore di allarme in diverse ondate… L'eccitazione toglie il sonno… Anche la formazione e la pietà ne soffrono assai… ne deriva una sorta di esaurimento… io comincio a sentirlo in me con debolezza generale ed una certa abulia». Questi pensieri tormentavano la mente del seminarista Luzzi durante i bombardamenti della guerra. Ma il doloroso momento passò e, il 28 giugno del '42, a 23 anni (ne occorrevano 24), monsignor Albera lo ordina sacerdote nella cattedrale di Mileto, cittadina dove, sino al '46 (anno della laurea in Teologia a Roma), si stabilì, con gli incarichi di professore del seminario vescovile (di cui, più tardi, dal 71 al '75, fu rettore, facendo ordinare, sotto la sua degna guida, molti sacerdoti che, tutt'ora, operano in varie parrocchie), direttore dell'ufficio catechistico e segretario del vescovo. A dicembre '46, gli fu assegnata, ad Arena, la prima parrocchia, sino al 1957, quando sostituì il defunto arciprete di Polistena, dove si stabilì definitivamente e dove rimase in carica sino al 1971. Altro anno importante, il '62, quando, su suo intimo desiderio, ebbe l'onore di partecipare alle prime giornate del Concilio Vaticano II e, a settembre, ricevette dal vescovo De Chiara, il titolo onorifico di monsignore, cappellano di Sua Santità, Giovanni XXIII. Pervasi dall'attento impegno profuso in ogni opera in cui si cimentò, facendo spola tra le sue 3 "patrie", Polistena, ove viveva, Mileto, dove operava, ed Acquaro, sede degli affetti, dove fu presente in ogni momento libero, passano gli anni, fino ad arrivare al fatidico 27 gennaio del '95. E' il tardo pomeriggio di una, sino ad allora, tranquillissima giornata, quando, a casa dei parenti squilla il telefono: «Correte - dice, manifestamente turbata, la voce dall'altro capo - monsignore ha avuto un grave incidente». La tranquillità rapidamente si dilegua e lascia spazio allo choc, che, all'arrivo precipitoso al nosocomio di Polistena, diviene profondo dolore con la conferma della cruda verità maldestramente celata dalla telefonata: don Francesco Luzzi, per le gravi ferite riportate, era morto. Quel giorno, lungo la statale "Ionio-Tirreno", rincasando da una giornata di lavoro nell'amato archivio dove, con don Ramondino, aveva programmato i lavori per i giorni successivi, veniva tragicamente stroncata una vita dedita alla chiesa, al prossimo ed alla cultura. Nell'agosto di quell'anno, gli fu conferito il premio "Città di Mileto" alla memoria come «sacerdote esemplare, ricercatore, studioso e scrittore insigne di memorie patrie, benemerito delle chiesa e della città di Mileto, per aver salvato e valorizzato, in qualità di direttore dell'Archivio storico diocesano, un patrimonio di inestimabile valore sacro e culturale». «Signore mio - scrisse nel testamento spirituale redatto in un ritiro a Loreto nel luglio del 1961 - vi ringrazio di avermi conservato la vita, come e quanto a voi è piaciuto. Ho accettato sinceramente la morte, come sarà… Ho amato tanto Dio… Gesù… La Madonna… La santa chiesa… Le mie parrocchie, Arena e Polistena che ho cercato di rendere sempre più belle… Ho amato tanto i bambini ed i bisognosi, poveri o vecchi… O Signore… ricevetevi le pecorelle che avete voluto affidare per questi brevi anni alle mie cure. Io sono passato, voi restate… Arrivederci tutti in cielo». Da 14 anni monsignor Luzzi riposa ad Acquaro accanto ai genitori che venerava. Rimangono, però, il ricordo e la stima di chi lo conobbe come uomo e ministro di culto, apprezzandone bontà di spirito e competenze culturali e umane. Rimangono le opere, la casa canonica di Arena, l'ospizio "Opera pia San Francesco di Paola" a Polistena, l'opera di tutela della cultura e della vocazione dei nuovi sacerdoti a Mileto e, ultima, la maestosa casa di cura nell'amata Acquaro che prende il suo nome ed in cui, le suore di Padre Idà assisteranno gli anziani ospiti, come lui stesso fece sino a quel tragico 27 gennaio.