Da bambina pensavo che il mio paese fosse tutto il mondo, crescendo ho capito che era insignificante rispetto a tutto il mondo, adesso, per mia scelta, il mio paese è tutto il mondo.
L'amore per la mia terra mi ha spinto a scrivere, non delle poesie ma semplicemente delle considerazioni in versi che dedico a tutti quelli che amano questa terra.
Vi riporto anche un estratto di un articolo del giornalista Gabriele Consiglio testimone e cantore dell'amore alla propria terra e della fedeltà alle proprie radici.

Il pino di Malamotta

In cima alla collina
sorgevi solitario
vegliando dall'altoac
il mondo che ti circondava.
Il tronco alto e dritto,
la chioma possente
elemento armonico
di un ridente paesaggio.
Custode
di strane storie
di "jerjani "e folletti,
di crocifissi rubati
e tragicamente divisi,
come un antico cavaliere
vigile e discreto
vegliavi sul paesello
ai piedi del tuo colle
Era bello guardarti!
All'alba
il sole indugiava sulle tue cime
prima di scendere in paese,
gli uccelli ti parlavano della bellezza
di paesi e mondi lontani,
il vento spettegolava
divertito tra i tuoi rami
e i bimbi come me
sognavano di volare
un giorno
più in alto di te.
Ma l'incoscienza umana
ha appiccato il fuoco
nel cuore del tuo tronco
Gigante buono
adesso bruci
come cero pasquale
sull'altare della vita
che impietosa continua
il suo percorso
Il paese ti guarda e tace
Tutti sanno che porti con te
un pezzo della loro storia.
È la fine di un tempo,
quello del pino di Malamotta
Che sarà dopo di te?
Che sarà del mare di ulivi
dei castagneti di Salandria,
dei meravigliosi vigneti
di questo paese,
di questa gente umile
ma fiera e arguta?
Il futuro lo dirà
Adesso bruciano i tuoi rami,
le fiamme lambiscono il cielo
con un angosciante stridore
È il lamento della tua vita
che si spegne.
Addio grande spirito,
vola libero
nei ricordi, nei sogni,
nelle leggende che misteriose
accompagnano la vita degli umani.

Agli ulivi

Nella solitaria campagna
quante emozioni
mi trasmettete
miei saggi ulivi  
mentre vi ammiro!
Maestosi, imponenti,
sacri ai miei avi,
di questa terra numi tutelari.
Protagonisti del paesaggio
nel vostro tronco
avvitato e contorto
vedo sembianze
chinate al suolo,
che come voi sognan la luce.
Coi vostri rami aggrovigliati
toccate il cielo
che vi riveste
d'argenteo mantello.
Con le radici accarezzate
di madre terra il grande cuore.
Padri e madri di questa gente
nettare d'oro voi regalate.
Sento l'abbraccio dei rami contorti
e in quell'intrigo vedo racchiuse
le mie speranze, le mie paure,
il lento scorrere della mia vita
Vado lontano,
lontano nel tempo
quando bambina
sentivo mio nonno che vi parlava
della sua vita un po' travagliata,
della speranza di una buona annata
Ascolto il vostro antico linguaggio
e nel passato
vedo la storia dei miei antenati
ma nel presente
vedo questa umanità
che brutalmente
sta violando di questa natura
l'intima sacralità,
sacrificando
voi
solenni monumenti
perché non utili
in un mondo
che di sacro
ha soltanto agli utili.
Sculture viventi
spesso ridotti,
in nome delle "rinnovabili",
in ceppaie mutilate
che alzano al cielo
braccine deformi
Simbolo di vita e di pace
forse
del lungo viaggio siete alla fine
e lentamente andate
da questa mia terra
scomparendo
Sarà ricordato il vostro sterminio
come il più grande atto d'inciviltà
di questa falsa civiltà.


- L'AMORE PER LA MIA TERRA -

    "L'amore per la terra natia non è soltanto un fatto sentimentale o di campanile. E' molto di più. E' un amore totale e totalitario, che prende i sensi e il pensiero, l'animo e l'eros, il corpo e lo spirito.
    E' l'amore per la grande madre non è solo desiderio è' soprattutto bisogno, necessità fisica e organica di essere una sola cosa con la nostra terra, nascere in essa, nutrirsi, crescere come una pianta, dare frutti e mettere le foglie, stare al sole, coprirsi di neve, bagnarsi di pioggia, ripiegarsi per la stanchezza e stare per le stagioni fino a che si può stare, per dare una testimonianza di fedeltà al proprio destino e di appartenenza al luogo di nascita.
    Quando parlo dell'amore per la mia terra e per il mio paese, parlo di una cosa che è senza nome e che viene da lontano, nata prima che tu sei nato. Quando senti la prima volta la prima musica che si può udire chiudendo gli occhi, quella è la musica che hai già udito mentre eri nel grembo della tua mamma, la musica delle campane, quella che piace tanto e ti sta dentro perché vi è sempre stata. Così l'amore per la terra dove sei nato è come una musica di campane che hai già sentito prima e ti accompagna per sempre, è come una musica che viene dal cielo e manda messaggi anche alle pietre, alle pietre che diventano carezze di vento.
    In quest'aria musicale, che aleggia intorno alla pianta della vita, tu senti il tremulo e flebile respiro delle foglie che stanno incerte sugli alberi come d'autunno - così direbbe il poeta - e attendono silenziose e tristi ancora qualche giorno prima di cadere e tornare alla terra. Senti ancora più forte e profondo il respiro delle radici e con esso il respiro antico di tutte le cose nate prima di noi, il ricordo della nostra infanzia, la memoria della nostra antropologia. Senti le voci che vengono dai recessi più profondi e si esprimono con richiami di un'altra vita, appena percepiti per correnti segrete. Sono i richiami che puoi sentire ancora meglio più tardi, a una certa età, man mano che il corpo si riduce e si curva per tornare alla terra che ci avrà dopo averci generato.
    Tutte le volte che puoi tornare alla terra e fra le pietre del tuo paese - sarà un carisma, sarà una vis magnetica - è come se tornassi ad esplorarla, quella terra dove sei nato, con lo spasimo dell'amante inquieto e inappagato.
    Allora, e ogni volta, avverti il calore delle viscere, assapori gli umori più profondi, senti gli echi di antichi terremoti e il mormorare di frenesie carsiche, richiami le vene di acqua da sotto le frane e dalle caverne della memoria storica, ricerchi il fulcro della prima esistenza, riscopri la grotta dov'è il segreto della nostra prima casa.
    Allora, e ogni volta, avverti quelle delicate e sommesse vibrazioni di ritorno, appena affioranti dai secreti e dai segreti della tua terra contadina e del tuo destino montanaro.
    Allora. E vi ritrovi le cose che erano già state, le cose che erano all'origine dei nostri cromosomi, le cose che erano nelle nostre case, che erano vive e palpitanti come creature umane insieme a noi e ai nostri padri. E le riporti in superficie, non come ricordi o come reperti di archeologia, ma come pezzi di vita rivissuti oltre le regole e leggi del tempo.
    Tutto ciò è al di sopra di un semplice rapporto d'amore. Lo comprende, lo trascende, lo sublima.
    Poco conta se il mio rapporto con il mio paese a volte è difficile, problematico e complessuale; se è fatto, da una parte, di devozioni ombelicali e ardori totali e, dall'altra, di delusioni immedicabili e amarezze
    La cosa importante è che l'amore per la tua terra sia sempre puro e incorrotto.
    La cosa importante è non tradire mai le tue origini, né con l'infedeltà né con l'indifferenza, onorando il tuo paese con orgoglio, conoscendone bene la sua storia, perché è attraverso la conoscenza che l'amore si fa ricco e profondo. Chi è consapevole di avere un grande bene sotto la curva del suo cielo e nell'abbraccio delle sue montagne ha più rispetto per il suo paese e salda meglio il conto con la propria esistenza.
    Accanto a questo grande amore - quando c'è - che è l'amore fisico e metafisico, quello fatto di cromosomi, di sangue, di carne, di sesso e, allo stesso tempo, di sublimazioni e trascendenze, vi è sempre una componente più semplice e normale, quella dell'amore che naturalmente è propria di ogni uomo per il paese natio.
    Ora, al di là di quei magnetismi misteriosi che vengono dalle viscere della terra e che io percepisco con una particolare sensibilità, il mio amore per il mio paese è più semplicemente perché ci sono nato e cresciuto".


Gabriele Consilio