Mi trovavo spesso a volte quanto possibile di andare a trovarlo nella sua casetta così intima, piccola accogliente e forse troppo angusta per i giri che doveva fare con la sua carrozzina da invalido. Mia madre mi raccomandava di portare le scarpe da sistemare e, molte volte le scarpe diventavano più di una, solo dopo tanti anni ho capito! Era un uomo gentile, educato e di grande cultura, solo un crudele destino lo aveva voluto su quella sedia, ma lui non se la prendeva troppo come rassegnato dalla sua sorte, solo che la tristezza non è una cosa che la si può nascondere facilmente e i suoi occhi vivaci, il suo specchio dell'anima se ciò è vero mi svelavano tutte le sue angosce notturne e di momenti in solitudine. Mi recavo volentieri a trovarlo, ma la mia infanzia e poi i miei impegni dopo da grande mi tenevano lontano dai miei giri, quei giri che mi consentivano di coltivare i miei orticelli culturali e anche di svago, mi univano alla mia gente. Era una grande festa per lui sempre pronto ad accogliermi con il suo sorriso schietto e la sua immancabile "settimana enigmistica" in mano, con i suoi affezionati amici che giocavano a carte, quando riuscivo a portargli anche dei piccoli doni o frutti della nostra splendida terra che a lui non era concesso raccogliere dalle piante. Mi regalava a volte il frutto del suo lavoro come ricompensa delle mie semplici visite, e forse lo faceva volentieri anche con tutti o quasi i suoi clienti. La sensazione che avevo recandomi a trovarlo era sempre la stessa, una stretta al cuore per la sua condizione e un profondo dolore anche se per me era alla fine solo un estraneo, inteso come non parente. Viveva in una casetta dove tutto era a portata di sedia a rotelle, anche sul davanzale che dava verso il nostro bel fiume Amello c'era di tutto, prezzemolo, basilico e una vite bellissima con alberi di arancio sotto nell'orto, lui si girava e si rigirava con quel trabiccolo e con una precisione incredibile andava a beccare sempre la cosa giusta, che fosse il piatto, la forchetta o un vaso a terra oppure qualsiasi altra cosa. Era sempre sbarbato e in ordine e i libri e i giornali erano ordinati nelle sue due stanzette di cui il soggiorno dava sulla via. Ecco, era proprio quella la posizione prioritaria della sua vita durante il giorno, quella finestra che per lui era una specie di tv sul mondo. Vorrei saperlo felice almeno dove è andato Mastru Pascala U Scarparu, un appellativo forse anche troppo rude se detto nel nostro dialetto per un Uomo anche troppo sensibile e che ha portato tutto il peso della sua vita senza pesare mai sugli altri. Questo è secondo me la grandezza di un Acquarese, essere rimasto nella memoria nonostante i nostri tempi c'impongono migliaia d'informazioni e ci fanno spesso dimenticare le cose più importanti.