Che dire dell'Agosto acquarese? Le solite cose, il ritorno degli emigranti, l'afa in certi giorni asfissiante, il vociare ininterrotto per le vie, di bambini, comari, ambulanti... I vestiti nuovi acquistati apposta per le feste paesane. Aria di festa, di spensieratezza, di allegria, di musica, voglia di mare lontano... Agosto era un po' magico per tutti, ma come si dice? Prima il dovere, poi il piacere. Chi come noi aveva un pezzetto di campagna era obbligato a passarvi molto tempo e spendere molta fatica per farlo fruttare. La natura era sempre generosa però, per noi e i vicini. Gli orti erano sempre rigogliosi e colmi di ogni ben di Dio tanto che molto si regalava o si conservava per l'inverno. Agosto aveva il profumo dei peperoncini rossi "arrestati" cioè infilzati a ghirlanda da offrire al caldo sole dei nostri balconi, delle melanzane e peperoni conservati sott'olio, dei fichi e dei pomodori messi a seccare sui "carijjuatti", dei primi fuochi agli angoli delle vie coi calderoni pieni di bottiglie di salsa fresca. Non di rado, da un vicolo all'altro, improvviso, arrivava nell'aria profumo di peperoni arrostiti nelle braci ardenti, di pomodori cotti e stracotti per paura di farli inacidire o guastare nei lunghi inverni seguenti. Doveva durare per un anno ed anche più, la conserva di pomodoro, e perciò abbisognava di molta cura nella preparazione. L'aria stessa sembrava diversa, sognante, felice. Era quell'aria di attesa nel ritorno di un figlio lontano, di nipotini che non si rivedevano da un anno. Aria di qualcosa di nuovo, per noi ragazzi che aspettavamo le serate di festa. Le sere diverse dal solito, dove si poteva fare tardi, incontrare gente forestiera, amici lontani che ritornavano in vacanza, parenti da riabbracciare con la curiosità che altrove c'era molto di più e più bello di quello che ci circondava, senza sapere ancora, che non era così e mentre noi volevamo essere nei panni degli emigranti, loro volevano, nella maggior parte dei casi, essere nei nostri... Le stranezze della vita che ti illude coi suoi sogni rosati e poi ti rituffa in un mare immoto o monotono di nostalgia. Già, la nostalgia che stuzzicava nelle serate della festa di San Rocco. La consapevolezza che dopo quel tempo il paese si sarebbe pian, piano svuotato o lo era già un bel po'...la malinconia sulle note delle banda che suonava sul palco illuminato a festa, i suoi pezzi per intenditori e noiosi all'orecchio dei giovani che passavano le serate in un continuo andirivieni su e giù per il corso addobbato a festa con luminarie ricercate. Il tempo di qualche ora e tutto sarebbe finito aspettando di già l'anno venturo coi suoi nuovi sogni e con la speranza di qualcosa di diverso, di nuovo... Ed il tempo volava tra mattinate in campagna, pomeriggi noiosi, passati a chiacchierare nel vicinato, col ricamo o l'uncinetto in mano. Qualche passeggiata al Calvario nelle afose domeniche estive e null'altro. Sono sicura che oggi, a distanza di un ventennio dai miei ricordi, molte cose siano cambiate, ma i profumi, le tradizioni, la vita paesana, siano sempre più o meno gli stessi. Ricordi lontani, ma sempre attuali del mese d'Agosto.