Era una sfida per noi ragazzini salire in cima a MALAMOTTA e sfidare i JERJANI. Salivamo dopo mangiato e ci fermavamo dove si dice che sia stato diviso il crocefisso, una piccola radura nella COSTERA dietro l'immensa PIGNARA I MALAMOTTA. Giravamo dentro la casetta diroccata con l'ansia e la paura guardinghi, di trovare I MUARTI O I JERJANI nascosti chissà dove e pronti a infilzarci CU SPITU RUSSU. Le giornate che più ci attiravano erano le giornate di vento, quando si raccontava che dalle decine di nidi di passeri che facevano A FOLÈ sulla PIGNARA cadevano giù i nati colti dalla loro inesperienza e le pigne mature coi pinoli buoni dentro. Era vero che li avremmo mangiati i passerotti nella nostra ingenua crudeltà di bambini, ma era anche vero che questa bramosia era intrisa da una paura nascosta che si vergognava a venire fuori per timore di essere tacciati tra di noi di fifa. In quelle giornate ventose ci aggrappavamo assieme con le braccia aperte al tronco della poderosa PIGNARA per misurare il suo tronco immenso e le leggende sull'enormità della PIGNA divenivano sempre più esagerate ogni volta che tornavamo in paese. Era bellissima quella collina di MALAMOTTA, e qualche estate veniva martoriata da incendi di natura dolosa, e questo ci privava della raccolta delle frecce per i nostri archi, fatte con il fiore della FRASCINA che cresceva molto rigogliosa sui pendii della bella MALAMOTTA. Sembrava che quel paesaggio di una PIGNARA con la casetta dovesse durare in eterno, viste le intemperie che ha superato, ma è bastata l'insensibilità di un solo uomo perché secoli di storia Acquarese e panorami intensi finissero. Mi ricordo le voci che provenivano dal CANNALE, quando le donne con i loro uomini avanti e i loro figli dietro in fila indiana, sotto MALAMOTTA camminavano con i loro carichi che portavano dalle ANGRI, impossibilitati da uno stretto sentiero molto erboso e lussureggiante a camminare affiancati. Ogni tanto apparivano e scomparivano con fasci di CANNI sulla testa le donne o sulle spalle gli uomini, e noi li notavamo e li seguitavamo con lo sguardo da dietro a FJUMARA, dall'altra parte del fiume. Gli uliveti per noi ragazzi erano un immenso campo di gioco in estate quando erano senza frutto e ci si sbizzarriva in ogni sorta di corse e inseguimenti, si raccoglievano sorprese e entusiasmi cercando di scoprire i nidi du MIARRU o du SPINZIA e du CARDIJU, e da li si vedeva l'immensa MALAMOTTA con ai piedi le sue verdi e proficue ANGRI dove si coltivava di tutto, dai fagioli CANNALLINI ai CITROLA alla LATTUCA, alla SCARIOLA, ai PATATI, o MIGGHJU, e ogni tantu nci faciamu visita e ndi faciamu la mangiata i citrola, di arangi e chiju chi c'era di buanu. Queste righe di ricordi rimarranno in eterno nella nostra mente, perché? Sono forse più speciali i nostri ricordi di quelli di qualcuno di altri tempi? NO, sono solo ricordi più puri e incisivi perché a mio avviso sono stampati sulla nostra pelle e sulle nostre sofferenze, quelle sofferenze che non abbiamo mai riconosciuto come tali perché la gioia di vivere le ha sempre ricoperte con il suo entusiasmo. E' vita Acquarese tutto ciò che ci ricorda, non è un libro che abbiamo letto in un momento di noia o di passatempo sdraiati sotto l'ombra di qualche albero sconosciuto in un posto sconosciuto. Noi siamo ACQUARESI, il meglio di quanto qualcuno possa dire anche nei momenti di maggior pessimismo, e siamo anche figli di MALAMOTTA, visto che abbiamo vissuto secoli sotto la sua protezione. ORGOGLIO ACQUARESE dovrebbe essere il nostro motto, perché abbiamo costruito tanto con la nostra voglia di lavorare trasmessaci dai nostri padri che erano dei grandissimi lavoratori, e i risultati si vedono.