San Rocco nacque fra il 1345 ed il 1350 a Montpellier, un importante centro culturale e commerciale della Francia meridionale. Egli, crescendo in una famiglia profondamente religiosa, sentì sin da giovane la vocazione alla santità, soprattutto nella pratica della mortificazione, della castità e della carità. La morte dei genitori, a breve distanza uno dall’altro, verosimilmente verso i vent’anni di età, segnò l’inizio di quella vocazione che doveva distaccarlo dalle cose e renderlo pellegrino per le vie della Francia e dell’Italia. Seguì i consigli evangelici, in particolare le parole dette da Gesù al giovane ricco: «Se vuoi essere perfetto, va, vendi ogni cosa, dalla ai poveri, e poi vieni e seguimi» e: «Che giova all’uomo guadagnare tutto il mondo se poi perde l’anima sua?». Egli, unico erede delle immense ricchezze di famiglia, decise quindi di offrire ai poveri il ricavato della vendita di tutti gli averi. Indossato il tradizionale abbigliamento dei pellegrini (un cappello a falde larghe, un bastone con appesa una zucca, un mantello lungo fino ai fianchi, una conchiglia e una bisaccia) intraprese un viaggio di penitenza alla volta di Roma e successivamente di Gerusalemme.
La prima tappa del percorso seguito da Rocco in un’Italia colpita dal terribile flagello della peste fu Acquapendente, una cittadina in provincia di Viterbo. Appena giunto, si accorse dello spettacolo terribile: i monatti che portavano via i cadaveri, i lamenti che uscivano dalle case e l’odore nauseante di putridume. Nella piazza, i suoi occhi si posero su un mendicante infetto che, con il corpo pieno di piaghe purulente, si contorceva dal dolore. Rocco si chinò ad abbracciare l’ammalato e, postolo sulle sue spalle, si avviò verso l’ospedale della città, ma prima ancora che arrivasse sentì che l’uomo era morente e si fermò per tracciare un segno di croce sulla fronte. Ripreso il cammino e arrivato all’ospedale si accorse che quel moribondo stava meglio e poté notare con gioia che il male era scomparso. Compresa allora qual era la missione affidatagli da Dio, il pellegrino chiese accoglienza nel locale ospedale, dove erano ricoverati molti malati di peste, per mettersi al servizio dei sofferenti e dare loro conforto. Egli rinviò temporaneamente l’ingresso a Roma e, seguendo con coraggio lo sviluppo del contagio, iniziò a peregrinare verso l’Emilia Romagna, prima a Cesena e poi a Rimini.
Presumibilmente tra la fine del 1367 e l’inizio del 1368, dopo avere visto ad Assisi il convento dove visse San Francesco, Rocco giunse a Roma per visitare i luoghi più sacri. Pochi mesi dopo, il contagio della peste si espanse fino alla città Santa. Anche qui, Rocco si prodigò a favore dei malati e dei sofferenti. Un cardinale, che guarì dal morbo, lo condusse al cospetto del papa Urbano V. Rocco, con umiltà, si inginocchiò di fronte al pontefice, che gli si rivolse dicendo: «mi sembra che tu venga dal Paradiso!».
Nel mese di luglio del 1371, Rocco entrò in Piacenza, dove si recò in un ospedale per continuare la sua opera di assistenza ai malati. Una notte, egli avvertì i sintomi della peste: un forte mal di testa seguito da febbre altissima e dall’uscita di sangue dalla bocca e dal naso. Ancora prima che facesse giorno, preoccupato che la sua presenza nella città, ormai libera dal morbo, potesse causare nuovi mali, lasciò l’ospedale. Tormentato da un doloroso bubbone all’inguine, Rocco si trascinò faticosamente fino ad un vicino bosco, in località Sarmato, alla ricerca di un rifugio. Nella selva poté dissetarsi ad una sorgente d’acqua, ma c’era il problema di come lenire la fame. Tra i piacentini che durante la peste erano fuggiti nella campagna c’era Gottardo Polastrelli, un ricco signore che, praticando la caccia, possedeva molti cani. Un giorno, durante una battuta di caccia, uno di questi si imbatté nel pellegrino, al quale più tardi portò un tozzo di pane che addentò sulla tavola del padrone. Da allora, affezionatosi, il cane portava quotidianamente il pane al suo nuovo amico, al quale stava vicino e che non lasciava prima di avere ricevuto una carezza. Il padrone Gottardo, insospettito dall’andirivieni del cane, decise un giorno di seguirlo per scoprire dove portasse il suo pane. Fu così che incontrò Rocco, al quale, senza curarsi dei continui inviti ad allontanarsi dal pericolo, volle avvicinarsi. Gottardo rimase colpito dallo sguardo innocente di quel giovane ammalato e solitario. Da quel giorno, insieme al cane, tornava fedelmente a trovarlo portando, oltre al pane, cibo e medicine per curarlo. Gottardo, apprendendo durante i quotidiani incontri una profonda conoscenza della fede cristiana, maturò la decisione di vendere i propri beni per vivere in povertà e giunse al punto di indossare un sacco e mendicare il pane a Piacenza.
Dopo la guarigione, in un periodo di pericoloso stato di guerra, Rocco partì da Piacenza per fare ritorno a Montpellier. Durante il suo cammino si fermò nella cittadina di Voghera, dove una guardia, insospettita dall’aspetto malandato, lo fermò e gli chiese come si chiamasse e da dove provenisse. Rocco rifiutò di rivelare il proprio nome per rispettare il voto con il quale rinunciò a ogni privilegio nobiliare per presentarsi solo come un «umile pellegrino e servitore di Gesù Cristo». Tale comportamento, in quel clima di tensione, indusse la guardia a condurlo al cospetto del governatore del luogo, che, di fronte alla mancata rivelazione dell’identità, decise di trattare il pellegrino come spia e rinchiuderlo in uno squallido carcere. Nell’oscurità della prigione, Rocco trascorse cinque anni pregando e meditando. Il 16 di agosto, all’indomani della festa dell’Assunzione di Maria, in un anno compreso fra il 1376 ed il 1379, Rocco, stanco e consumato nello spirito, morì dopo avere chiesto a Dio di donare la guarigione ai malati che avessero invocato la sua memoria.