Chi sono stati i fondatori di Limpidi? Quando è stato fondato e perché gli è stato attribuito questo nome?
Dare risposte attendibili a questi interrogativi è impossibile, mancano documenti probatori e i pochi esistenti sono lacunosi e frammentari; per poter provare a darne qualcuna si è dovuto fare ricorso ai racconti degli anziani e anche alle varie congetture che, come è noto, presentano incongruenze e imprecisioni storiche.
È fuor di dubbio che le sue origini sono contadine e che l'area sulla quale si è insediata per la prima volta la comunità dei suoi antenati è quella attualmente identificata come Nazza, situata dietro la Chiesa, che include Via Roma, Via Mazzini, in parte Via chiesa e tutto un intrico di vicoli.
I ruderi delle stalle, "li mura di li staji", di Via Mazzini, purtroppo demoliti negli anni '50 per far posto ad un nuovo fabbricato, avrebbero oggi costituito una prova "attendibile".
Chi sono stati i suoi fondatori?
Le diverse credenze popolari tramandate di generazione in generazione, che per i limpidesi fanno parte integrante della storia del borgo, portano tutte a una medesima conclusione: i fondatori sono stati le donne e gli uomini fuggiti dai luoghi dove vivevano in stato di schiavitù per sottrarsi alle brutalità dei conquistatori normanni, che "devastavano le terre occupate e ricorrevano ad ogni accorgimento psicologico per terrorizzare gli abitanti".
Secondo tali credenze, questi ribelli, considerati "briganti" dalla legge di allora, per sfuggire alla caccia incessante degli sgherri, in un primo momento, si sono rifugiati nella valle in cui tuttora scorre il fiume "Filese" dormendo in grotte scavate nelle pareti di tufo. Poi, una volta cessata la paura delle persecuzioni, loro o i loro successori sono saliti sulla collina dove hanno fondato Limpidi: ciò giustificherebbe la definizione data al paese, "Limpidi, il paese dei briganti".
La leggenda attribuisce il merito di essere stati "i promotori della ribellione" a una coppia di sposini, fuggiti per salvare la giovane sposa dal pericolo di violenza sessuale.
Per la storia va detto che alcune di queste grotte, in particolare la più ampia e la più vicina all'attuale abitato di Limpidi, chiamata dai contadini "la grutta d'Aliessi", ossia "la grotta di Alessio", sono esistite fino a non molti anni addietro.
Oggi, purtroppo, non esiste più nulla poiché l'evento alluvionale del 1959 e, negli anni successivi, l'opera demolitrice delle ruspe durante l'esecuzione dei lavori di realizzazione di una strada hanno cancellato ogni "testimonianza".
Su questi luoghi sono fiorite leggende. Una vuole che, durante i secoli, qui siano stati nascosti tesori. Infatti potrebbe essere stato questo il motivo per cui, fino agli anni '50, si sono avvicendati "cercatori" locali e altri provenienti da località lontane che, nella speranza di scoprire qualcosa, hanno setacciato ogni palmo: non si sa con quale risultato.
Un'altra vuole che in queste gole si aggirasse il fantasma di "Tofalo", in vita individuo di cattiveria inaudita, e che nelle notti di plenilunio egli lanciasse urla rabbiose e laceranti per il fatto di essere stato vittima della trappola da lui stesso ordita per uccidere un suo nemico: sarebbe rimasto schiacciato dal macigno che aveva predisposto per farlo rotolare puntualmente al passaggio dell'altro.
Venendo alla realtà, le notizie ci riportano che questi territori nei primi anni del 1900 sono stati nascondiglio di latitanti famosi, primo fra tutti Giuseppe Musolino, conosciuto come il "Brigante Musolino" o "U re i l'Asprumunti", l'uomo che il mito e i racconti del popolo calabrese hanno tramandato come colui che è stato al servizio dei deboli contro la prepotenza dei più forti.
Quanto all'origine del nome c'è solo da immaginare che, quasi certamente, nell'attribuzione abbia influito la limpidezza delle acque, la salubrità dell'aria e il clima mite.
A tal proposito, vale la pena ricordare che nei primi anni '800 un militare "aristocratico" originario di Napoli (secondo alcuni faceva parte della spedizione comandata dal generale Vito Nunziante, luogotenente in Calabria di Ferdinando I delle Due Sicilie), per meriti militari ricevette come ricompensa dal governo borbonico, in agro di Dinami e Limbadi, il "feudo di Calabria". Egli, nel prendere possesso, scelse come luogo di dimora Limpidi, pur essendo distante cinque chilometri da Dinami e molti di più da Limbadi. Qui si fece costruire il "palazzotto", proprio perché in possesso delle caratteristiche citate.
Attualmente l'abitato del paese occupa una superficie più che quadruplicata rispetto alla primitiva: si è esteso sul dorso, verso monte, e dilatato sui fianchi della collina su cui "giace".
Si deve ritenere che si sia ampliato, in periodi diversi, a seguito dell'insediamento di famiglie o di persone singole provenienti dalle campagne o da altre zone della Calabria in cerca di lavoro o per altri motivi.
Limpidi, sebbene siano trascorsi svariati secoli dalla sua nascita, conserva il vecchio aspetto salvo qualche lieve modifica.
La più vistosa è data dalla piazzetta con la fontana, da poco tempo ampliata e rimodernata, realizzata negli anni '40 sul suolo in precedenza occupato da un edificio vetusto, abbattuto perché fortemente danneggiato dalle piogge torrenziali e non più recuperabile. All'esterno di quel "fabbricato di breste", appesa ad un palo infisso nel terreno, era posta una campanella che, con il suo tintinnio prolungato, tutte le mattine chiamava a raccolta gli scolari per annunciare l'inizio delle lezioni. Infatti, una "stanza dalle pareti scrostate" era adibita ad aula per la scuola elementare di Limpidi, che è stata una fucina, il luogo in cui generazioni di giovani, di diversa estrazione sociale, sotto la guida dei maestri di "una volta", hanno appreso i primi elementi del sapere che hanno consentito loro di affacciarsi alla vita.